Giustizia

Vai col Tanko

Vai col Tanko

Evocare il terrorismo è atto di estrema gravità e pericolosità. Da qualsiasi parte si voglia esaminare la cosa, non c’è proprio nulla da ridere o da prendere con leggerezza. Visto che la procura di Brescia contesta l’associazione terroristica, la cosa va presa con la massima serietà, traendone subito tutte le necessarie e dovute conseguenze.

51 cittadini sono indagati, di cui 24 ristretti in custodia cautelare. Al contrario di tante altre vicende giudiziarie, in cui sfugge la ragione degli arresti e la loro coerenza con quanto disposto dalla legge, qui i provvedimenti sono resi opportuni dall’ipotesi d’accusa: se stavano effettivamente organizzando attentati e atti violenti, è giusto averli bloccati. Solo che di atti terroristici non ce ne sono stati. Di violenza praticata non c’è traccia nelle cronache. Gli arresti sono avvenuti contestando l’articolo 270 bis del codice penale, che si riferisce a “associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità terroristiche”. Il giudice delle indagini preliminari ha rilevato non solo l’esistenza di un “disegno eversivo”, ma che gli arrestati erano “pronti a deriva violenta per una rivolta popolare in armi”. Da tutto questo consegue che le indagini non devono essere fatte, ma sono già alla fase finale. E mentre gli arresti hanno un senso se indirizzati a bloccare l’imminenza dell’atto terroristico, non ne hanno alcuno, anzi, sono dissennati, se mirano a farsi dare le chiavi del Tanko e rivelare i piani eversivi.

Se gli arresti sono fondati (e voglio sperare che quel genere d’accusa non sia stata formulata a cuor leggero e a favore di telecamera) gli indizi che li rendono possibili sono anche le prove per ottenere le condanne. Non essendoci stato alcun attentato, non dovendosi, quindi, scoprire il nome degli autori materiali, dei mandati e dei fiancheggiatori, la contestazione si riferisce al fatto che lo stavano organizzando. Se è così, il processo si può e si deve fare subito, dato che l’unico ulteriore atto d’indagine consiste nelle perquisizioni e nei sequestri che sono già stati fatti, mentre il resto era già disponibile prima degli arresti. Ma se così non fosse, se gli inquirenti aspettano dagli arrestati gli elementi per andare avanti, allora è la procura a prendersi la delicatissima responsabilità di evocare un fantasma che ci costò sangue e dolori.

Di tutto sentiamo il bisogno, tranne che di trasformare qualche chiacchierone a vanvera in martire, facendo sentire perseguitati i suoi sconclusionati compagni. I problemi reali ci sono, eccome, ruotando attorno al fulcro fiscale. Ma alla voce “terrorismo” si deve essere chiari e conseguenti: se è fondata, che arrivino subito le condanne, ma se non lo fosse, o anche solo fantasiosamente esagerata, si chiarisca a quei magistrati che l’errore è grosso. E che chi sbaglia dovrebbe pagare.

Pubblicato da Libero

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