Separatesi le carriere fra la cultura e l’esibizionismo politico e propagandistico, in troppi sono finiti vassalli dei defunti, cercando nelle loro parole un avallo a quel che sostengono oggi. Tirare in ballo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non soltanto espone a figuracce, ma comporta il pretendere che sia dimenticato il loro essere stati isolati e sconfitti nel mondo stesso della magistratura. L’imbarazzante frullato dei coinvolgimenti alla memoria prova inoltre a nascondere il sovvertimento politico, sicché la sinistra s’è messa a far la destra e la destra a portare a compimento le battaglie della sinistra.
Il passato pesa e in questo senso farebbero tutti bene a leggere le preveggenti parole di Giuliano Vassalli (lo ripetiamo: socialista ed eroe della Resistenza). Non per tirarlo in ballo nella discussione referendaria, ma per capire il perché la si sta svolgendo in modo surreale. Vassalli l’aveva visto prima di diventare ministro della Giustizia, quindi prima di varare il nuovo Codice di procedura penale, predisposto da lui e dalla commissione presieduta da Giandomenico Pisapia. Parole che si trovano in un’intervista rilasciata al giornalista inglese Torquil Dick-Erikson e pubblicata dal “Financial Times” il 19 febbraio 1987. Il testo integrale della sbobinatura lo trovate nel sito de “La Ragione”.
L’inglese gli chiede se con il nuovo Codice ci sarà anche in Italia, come nel suo Paese, un sistema accusatorio. Vassalli stempera: «Il concetto del sistema accusatorio è assolutamente incompatibile con molti altri dei princìpi destinati a rimanere in vigore nel nostro diritto e in particolare con il nostro ordinamento giudiziario. Parlare di sistema accusatorio laddove il pubblico ministero è un magistrato uguale al giudice (…) non è molto leale». Il giornalista gli chiede perché, allora, non si cambia l’ordinamento: «La magistratura ha un potere enorme, non solo in linea di fatto, lo ha sul potere legislativo. (…) È il più forte gruppo di pressione che abbiamo conosciuto, almeno nelle questioni di giustizia. Fino adesso, in quaranta anni, non c’è stata una legge in materia di giustizia che non sia stata ispirata e voluta dalla magistratura, la quale è diventata sempre più un corpo veramente corporativo (…). Il ministro della Giustizia è circondato esclusivamente da magistrati, i quali occupano tutti i posti del Ministero, cioè dell’amministrazione centrale. Tutti».
Vassalli vede degli spiragli, che noi sappiamo essere divenuti illusioni: «Noi leveremo, con il Codice di procedura penale, il potere di cattura al pubblico ministero, lasciandolo soltanto al giudice su richiesta del pubblico ministero, e questo sarà un modo non di trasformare l’ordinamento giudiziario, ma di attutire le conseguenze dell’ordinamento giudiziario sul piano pratico della procedura». Purtroppo è successo il contrario, creandosi una figura debolissima che non soltanto subisce la volontà della Procura ma spesso ne copia parole e atti: il giudice dell’indagine preliminare. Tanto poco ce ne si rende conto che i fautori del No al referendum oggi chiedono: se almeno il 40% delle accuse si traducono in assoluzioni, non vi basta a dimostrare l’indipendenza del giudicante dall’accusatore? No, perché quella percentuale dimostra la subordinazione dei giudici iniziali e spesso del primo grado, sicché la giustizia viene fatta a distanza di lustri. E non è più giustizia.
Ai dirigenti, ai militanti, agli elettori della sinistra chiedo: sul serio volete lasciare alla destra questa battaglia di civiltà, che nasce dalla cultura democratica di sinistra, e intestarvi la difesa dell’ordinamento così come ci è derivato dal fascismo? Anziché far osservare a Meloni che – grazie a Nordio – ha realizzato una riforma liberale cui lei e gli altri della destra si opponevano, la sinistra preferisce combatterla, prendendo la posizione che aveva la destra, appoggiandosi alla magistratura. È agli italiani di sinistra che mi rivolgo: evitate che dirigenti senza idee e spina dorsale vi consegnino a questa follia.
Davide Giacalone, La Ragione 14 novembre 2025
