E’ ben strano il paese in cui, se si vuole indicare un potenziale nemico della giustizia, ovvero della necessità di comminare condanne ai colpevoli, gli si dà del “garantista”. E’ ben strano quel paese in cui, se si vuole definire la teoria che presiede ad un possibile attacco al potere giudiziario, la si chiama “garantismo esasperato”. Ben strano paese, dunque, l’Italia di oggi.
Già, perché, a volere stare al significato delle parole, il garantista è colui che crede al valore delle regole, e ne chiede il rispetto. Le regole, negli stati democratici, sono le leggi, e, dunque, il garantista chiede il rispetto delle leggi. Può, allora, una persona che chiede il rispetto delle leggi, essere additato quale nemico dei giudici? E se questo avviene, come oggi in Italia avviene, si è corrotto il vocabolario, o si è guastato il potere giudiziario?
Ai guasti del potere giudiziario La Ragione dedica e dedicherà molta attenzione. No, non ci interessa, neanche un pochino, l’idea di animare una “guerra ai giudici”. Noi vorremmo fare, semmai, una campagna (che guerra è una parola che non ci piace, neanche se usata in positivo) a favore dei giudici. Ed i giudici, per noi, non possono che essere i principi del garantismo, coloro i quali, più di ogni altro, chiedono e praticano il rispetto delle regole, cioè delle leggi. Quando un giudice decide di porsi fuori da questa posizione, cessa di essere un giudice, ed è solo una persona che ha sbagliato mestiere. Quando l’ordine giudiziario non si accorge di questi devianti, quando li tollera al suo interno, anzi li difende ed esalta, scambiando l’autonomia con il chiuso corporativismo, allora l’ordine giudiziario si guasta.
Noi intendiamo batterci contro i guasti e, quindi, a favore dell’ordine giudiziario, e degli uomini che, lavorandovi, ne rispettano la natura : i giudici, appunto.
Non sembri strano, allora, se questa prima riflessione sarà dedicata ai giornalisti, perché essi sono i responsabili della corruzione del vocabolario. Del vocabolario logico con cui i cittadini leggono le cose della giustizia; con cui i giudici leggono del loro stesso lavoro; con cui i cittadini indagati o imputati leggono della propria vita.
I guasti della giustizia, intendiamoci, esisterebbero anche senza i giornalisti. Ma alcune enormità, talune mostruosità di questi anni non sarebbero mai state possibili senza che i giornalisti piegassero se stessi al potere dominante, che è stato quello dei giudici sistematicamente infedeli ai loro doveri d’ufficio.
Questi velinari da procura, costantemente incoraggiati e sostenuti dai loro direttori, hanno agito, a scopo di lucro, ignorando le più elementari regole del diritto, del rispetto della verità e dell’umanità. E, come tutti i velinari, sono stati, prima di tutto, con i loro direttori, dei pessimi giornalisti.
Conosco le due obiezioni più forti : 1. il reato più grave, nel caso di rivelazione del segreto istruttorio (come è stato ricordato anche nel corso dell’inaugurazione di questo anno giudiziario) lo commette il pubblico ufficiale, il magistrato, e non il giornalista; 2. il giornalista ha il diritto/dovere di raccontare le cose che accadono, non gli si può e non gli si deve chiedere né di tacere, né di censurare.
Sono due tesi sciocche ed inconsistenti. La prima non dimostra niente, intanto perché la responsabilità maggiore non elimina la minore. E poi tale responsabilità è minore solo per quel che riguarda il codice penale, non certo per quel che riguarda il codice professionale. Se un giornalista diventa il megafono della procura, se si presta alla pubblicazione di ogni atto, se trasforma un giornale in un mattinale di polizia, egli è la negazione della professione.
In quanto al diritto di cronaca, varrà la pena ricordare che una cosa è la cronaca, altro è il copiato, per giunta esasperato nei toni. Che razza di cronaca è quella che si genuflette giuliva ai piedi del potere, quella che ignora, con impressionante ripetitività, la voce dei deboli, quella che, anzi, strappa loro il diritto di parola? Questa robaccia puteolente sarebbe il diritto/dovere dei giornalisti? Suvvia, non scherziamo.
I giornalisti, a questo punto, dicono : facile, prendersela sempre coi giornalisti; politici, imprenditori, giudici, tutti, se la prendono sempre con i giornalisti. Cari colleghi (già, anch’io sono iscritto all’albo, pur auspicandone la soppressione, ma devo, altrimenti non potrei firmare questo foglio, il quale, per una legge assurda, non potrebbe uscire), cari colleghi, dicevo, ma se tutti dicono che i giornalisti non sanno fare il loro mestiere, non sarà che, pur fra acrimonia e pregiudizio, non vi sia anche qualche cosa di vero?
Alcuni segnalano che il vento sta cambiando : qualche grande firma del giornalismo blasonato comincia a dire che, forse, con il giustizialismo e con il sensazionalismo si è esagerato. Ho letto anch’io queste cose, ma non riesco a rallegrarmene.
Non me ne rallegro, intanto, perché ci vedo poca cultura garantista. Chi ieri era pro, adesso è tiepido e si prepara ad essere contro. Ma sempre nella logica di uno scontro fra poteri (“la politica faccia un passo avanti …”), mai auspicando il rispetto delle regole, mai avvertendo che gli abusi sono stati possibili perché si sono violate le leggi e che, quindi, non possono essere corretti con dei controabusi, ma solo con il rispetto delle leggi.
Non me ne rallegro, poi, perché ne abbiamo visti troppi pubblicare le veline dei potenti della politica, salvo poi compitare articolesse ove si esaltava la loro caduta. Lo stesso spettacolo, rivolto al mondo della giustizia, non è meno deprimente.
Sarà perché ci credo, sarà perché mi piace, sarà perché sono cresciuto pensando che il giornalismo è una delle colonne della libertà, ma, appunto, merita di meglio che questo pattume.