Idee e memoria

Cimento papale

L’insediarsi di una nuova guida della cattolicità è questione che può sollecitare le riflessioni di un laico. Chiarendo che in questa autodefinizione c’è un margine d’equivoco: nelle altre lingue il “laico” è colui il quale non è prete, o non appartiene a un determinato ordine, ed è così anche in italiano (si pensi al “laicato cattolico” o ai “laici” del Consiglio superiore della magistratura, così intendendosi i non magistrati). Da noi ha anche un significato politico: quanti hanno convinzioni politiche che non si richiamano all’insegnamento della chiesa. Cosa largamente imprecisa, che ha origine storica, visto che il nostro è l’unico Paese che ha il Vaticano nel suo seno e nel quale il potere temporale dei papi è stato, a lungo, dominio effettivo. Quando si parla di fede, invece, si dovrebbe dire “non credenti”, o “atei”. Fine della premessa, chiedo scusa.

Se si guarda la composizione del conclave, con riferimento alla provenienza geografica, si coglie la natura europea, e in essa la prevalenza italiana della cattolicità. I cardinali non europei sono larga minoranza. Se da questi si sottraggono quelli di discendenza europea, ne restano ben pochi. Al contrario di quel che è stato detto e scritto, Jorge Mario Bergoglio non è il primo papa non europeo. A parte il primo, ve ne furono altri provenienti dalla Palestina e tre dall’Africa, ma sempre durante la dominazione romana, quindi europeizzati. In ogni caso, l’ultimo papa non europeo (Gregorio III), morì nel 741. Di tempo ne è passato parecchio. Bergoglio è il primo che arriva dal Sud America, ma è anche quasi italiano, quindi quasi europeo. E’ il primo che prende il nome Francesco (a proposito: il Vaticano ha dato l’annuncio scritto chiamandolo Francesco I e nell’elenco dei papi si trova l’ordinale anche per quanti non ebbero un secondo, ciò non toglie che si può chiamarlo solo Francesco), ma non è un francescano, bensì un gesuita. Il primo gesuita, il che non è cosa di poco conto per la storia e per gli equilibri vaticani. Tante primazie, anche dove non reali, segnano una speranza dei fedeli: che, pur nella continuità, il suo pontificato segni una rottura. Con cosa? Con quanto ha affondato il pontificato del predecessore, quindi dalla corruzione di certi costumi sessuali agli intrighi legati allo Ior, la banca vaticana.

Sebbene senza entrare nelle questioni di fede, però, ritengo che sia altro il banco di prova, altra la partita su cui sarà giudicato, in futuro: l’interpretazione della religiosità nella società secolarizzata. Joseph Ratzinger affrontò la questione con potenza teologica, affermando (riassumo rozzamente) che si deve al cristianesimo la valorizzazione dell’individualità, quindi la radice delle culture moderne, illuminismo compreso. Il che lo portò ad uno scontro con l’islam, dopo che il suo predecessore, Karol Wojtyla, che fu capo di grande potenza politica e storica, aveva invece promosso giornate di preghiera comune, fra le religioni monoteiste. E’ un po’ come se a Bergoglio si chieda, ora, di affrontare il problema con potenza umana. E non è affatto semplice.

L’occidente, come ogni altra parte del mondo sviluppata e affrancata dalla superstizione, non rinuncia alla secolarizzazione, che porta con sé libertà di pensiero e costumi. La chiesa cattolica conosce benissimo questo problema, tanto che si pone il problema di riammettere alla comunione i divorziati e pratica un’educazione alla famiglia che ha da tempo cancellato anche la sola ipotesi che i rapporti sessuali seguano e non precedano il matrimonio. Non sono questioni di cui si possa sorridere (come qualcuno, lo so, sta già facendo), supponendo che siano frutto di eccessiva rigidità dottrinale o di irriverente irrisione della fede. E già il fatto che il sintomo possa rivelare cose opposte, la dice lunga. Sono questioni rilevanti perché il nostro mondo, di cui la cristianità è così importante parte, è insidiato da fondamentalismi religiosi.

Per quel che riguarda tutte le fedi, islam compreso, non è lecito assimilare i fedeli tutti ai fondamentalisti. Non è lecito attribuire a tutti i cattolici il fanatismo dell’inquisizione (e il nuovo papa è gesuita), benché l’inquisizione sia parte della storia cattolica. Non è lecito assegnare a tutti gli islamici il fanatismo assassino di chi si suicida pur di portare la morte fra gli infedeli. Eppure quei pazzi sono dei fedeli. Ecco il cimento: tenere in vita la fede, per chi crede, senza considerare che la verità interiorizzata consenta sopraffazione degli altri. Per gli stati laici, cioè tutti quelli civili, è normale. Per la chiesa è la sfida di muoversi fra un relativismo che l’annichilirebbe e un assolutismo che la porterebbe fuori dalla storia. Gli scandali passano, e quelli che permangono sonno essi stessi parte della storia, ma questo dilemma è la frontiera che attende Bergoglio.

Pubblicato da Il Tempo

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