Idee e memoria

Credibilità dei pentiti

Nessuno, che sia in buona fede, può negare il ruolo decisivo che i collaboratori di giustizia (impropriamente detti “pentiti”) hanno avuto ed hanno nell’attività investigativa diretta a colpire la criminalità organizzata, e segnatamente la mafia. Nessuno, che sia in buona fede, può negare che questo strumento necessita d’essere meglio messo a punto.

Più volte abbiamo sentito dire che la testimonianza di questo o quel collaboratore di giustizia non poteva essere presa sul serio perché chi la rendeva era anche un assassino seriale. Non condividiamo questa argomentazione, giacché è evidente che al mestiere di pentito non si accede se non si ha una fedina penale impressionante. Ed è anche lampante che lo Stato deve approfittare di queste collaborazioni senza porsi problemi di ordine morale: tutti questi signori sono esseri riprovevoli, ma sul piano penale quel che conta è che consentano allo Stato di risparmiare tempo e fatica, consegnando pezzi di criminalità ancora in grado di agire.

Al tempo stesso, però, a persone in grado di strangolare i bambini non si può certo credere sulla parola, e, quel che è ancora più importante, non è che se dicono una cosa vera o si autoaccusano dei delitti più infami, per ciò stesso diventano credibili su altre cose. Ecco, questo è un primo elemento che vorremmo vedere sparire dalle motivazioni delle sentenze: non importa se il tale collaboratore sia “credibile” importa che quel che ha detto, in quello specifico caso, sia provabile.

Posto, quindi, che la “credibilità” è una categoria dello spirito che mal si adatta a criminali di questa taglia, deve anche sparire l’idea che se più pentiti dicono la stessa cosa quella cosa diventa vera, diventa prova. Neanche per idea: se più pentiti raccontano la stessa cosa la prima cosa cui penso è che si siano mesi d’accordo per raccontarla in quel modo. Quelle che servono, quindi, sono le prove. L’esperienza dimostra che quando il racconto è veritiero le prove si trovano.

Altro costume assolutamente increscioso è quello di consentire a questi signori di tacere sulle cose che intendono tacere, e di smentirsi quando ritengono di doversi smentire. Non possiamo permettere che siano dei criminali a stabilire la condizione di buona o cattiva salute del nostro Stato e della nostra giustizia. Abbiamo sentito dire: non ho fatto prima certe rivelazioni perché i tempi non erano maturi; perché non era giunto il momento; perché le istituzioni non erano pronte a comprendere. Ma stiamo scherzando? Una collettività non consente ai suoi nemici di dettare le regole della propria maturità.

Purtroppo dobbiamo constatare che così andando le cose più di un italiano innocente ha patito, a causa delle rivelazioni fatte da criminali, mesi ed anni di galera. E questo non è tollerabile. Tanto più che le loro “confessioni” rimangono per tempi lunghissimi nelle mani ed a disposizione non di un Tribunale, ma dell’ufficio del pubblico ministero. Ed il pubblico ministero talora pretende di essere super partes, ma, nella realtà dei fatti è solo una parte: l’accusa.

Ripeto: i collaboratori di giustizia sono importanti, ma per utilizzarli occorrono regole chiare ed eticamente inattaccabili. Primo: quando un criminale finisce nelle mani nella giustizia e decide di collaborare deve dire tutto quel che sa, ogni successivo ritorno di memoria deve essere punito con l’interruzione del programma di protezione. Secondo: quando un simile soggetto si permette di raccontare frottole, sia pure una sola frottola, non solo il programma si interrompe, ma la cosa deve essergli immediatamente contestata in sede giudiziaria. Terzo: quando un collaboratore di giustizia approfitta del programma di protezione per tornare a delinquere il programma deve essere definitivamente revocato.

Tutti questi provvedimenti punitivi, si badi bene, non tolgono valore alle cose già dette, a patto che siano provate. Lo Stato incassa comunque la collaborazione genuina e butta a mare il collaboratore fraudolento. Fuori da queste regole c’è il rischio di consegnare la giustizia nelle mani degli assassini, il che è davvero troppo.

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