Idee e memoria

Di proibizionismo ed antiproibizionismo

Il tema della droga è di quelli che creano forti emozioni e dibattiti accesi, così si viene continuamente sbatacchiati dalla ragionevolezza al sentimentalismo, dalle spiegazioni concrete a quelle che prefigurano complotti mondiali ed interessi occulti. Peccato, perché essendo un problema serio meriterebbe maggiore serietà.

Me ne occupo da tanti anni, e non sono affatto convinto di possedere la verità. Mi son fatto delle convinzioni e continuo a metterle a confronto con tesi opposte. Non sono, però, ancora riuscito a trovarne di più forti, tali da smuovere il mio proibizionismo.

Alcune tesi antiproibizioniste sono oziose e ripetitive, come ad esempio quella relativa all’esempio dell’alcool. Insomma, da una parte ci dicono che la fine del proibizionismo, negli USA, risolse il problema; dall’altra non si stancano di ripeterci che i morti per alcool, ogni anno, sono più numerosi dei morti per droga. Cosa che, oltre ad essere vera (ma meno di quel che si crede), a me sembra la dimostrazione del contrario di quel che si vuole sostenere.

Inoltre, una persona ragionevole fa fatica a seguire il pensiero di chi dice che, con la fine del proibizionismo, si pose fine alle attività criminali della mafia americana. Insomma, se proprio si prova troppa fatica a documentarsi, almeno di vada al cinema, a vedere il bellissimo C’era una volta di America , di Sergio Leone.

Intanto si deve cercare di essere intellettualmente onesti, ed ammettere che la scelta vera non è fra proibizionismo e legalizzazione, dato che la legalizzazione, o la distribuzione controllata, non risolverebbero neanche uno dei problemi legati alla diffusione di droga. La scelta è fra proibizionismo e liberalizzazione. Ma proprio perché questa è la scelta, il paragone con l’acool non regge : per diventare alcolisti ci vuole del tempo, e ci vuole molto alcool; per diventare tossicodipendenti ci vuole poco tempo e poca droga. Non mi pare una differenza che possa essere presa sottogamba.

Come se non bastasse vi sono le nuove droghe, sintetiche, capaci di rincoglionire (nel senso letterale del termine, visto che bruciano le cellule celebrali) in poco tempo. Che facciamo, le diamo a chi le vuole? Per carità, si può anche fare. Si tratterebbe di un nuovo darvinismo sociale : i più deboli, od i più fessi, o quelli che hanno delle “tare” (bella teoria neonazista, da circoli Menghele) si eliminerebbero da soli, con gran giovamento per il resto della società. Non fa una piega, se non che in un mondo simile preferirei non vivere.

Per uno strano cortocircuito culturale, per i danni fatti dalla letteratura “psichedelica” (o, meglio, da chi non l’ha mai digerita), l’assunzione di droga viene scambiata per una libertà. La droga, invece, è l’esatto contrario della libertà : è la schiavitù. Pertanto c’è un bel problemino, che gli uomini liberi, che amano la libertà, devono risolvere : posso coartare la libertà di un mio simile al fine che egli non tolga a se stesso la libertà? Un bel problema, ma, alla luce della realtà e della ragionevolezza, la mia risposta è ancora : si. Si, posso togliergli la libertà di non essere libero.

Lo ripeto, non ho verità da vendere. Ma rimango convinto che proibire l’uso di droga sia una atto di libertà. Consentirla sia una atto contro la libertà.

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