Sulle prime ho provato solo fastidio : con la morte di Lady Diana Spencer, principessa di Galles ed ex moglie dell’erede al trono inglese, si erano riaperte le cateratte della retorica.
Già avevamo dovuto sopportare le zuccherose esequie per Marcello Mastroianni : un attore straordinario e bravissimo, che ci aveva incantati e divertiti, ma proprio non si capiva perché la cultura tutta dovesse mettersi a lutto per la scomparsa di un uomo che affermava di non avere avuto il tempo, né la voglia per leggere i libri. Già eravamo stati straziati dal presunto lutto mondiale per la morte di Gianni Versace.
“A sto paese – scrisse profetico Gioacchino Belli – tutti li penzieri, / Tutte le loro carità cristiane / Sò ppe li morti; e appena more un cane / Je se smoveno tutti li braghieri”. Ma, in questo caso, “sto paese” è il mondo. E la cosa si fa interessante. Tanto più che, in contemporanea, moriva anche Madre Teresa di Calcutta, suscitando meno commozione.
Ho dovuto ricredermi : il fatto era davvero grosso ed importante. Non per il fatto luttuoso in sé, ma per le reazioni che ha provocato. Il fatto in sé è solo un fatto triste, come molti altri ne capitano. Il lutto dei congiunti deve essere rispettato in modo assoluto (anche quando sono i congiunti a non averne rispetto), ma rimane un fatto privato. Qui, dunque, non parlerò del lutto privato, ma di quel che è pubblicamente accaduto.
I soggetti sono cinque : Diana; Carlo; la monarchia inglese; i media; la gente. Vediamoli il più brevemente possibile.
Diana. Diana non era Cenerentola. Veniva da una famiglia nobile e ricchissima, ed aveva accettato di essere la moglie del futuro re, e la madre dei suoi successori. La cosa, appare evidente, aveva qualche corollario sia di privilegi che di obblighi.
Il matrimonio, dal punto di vista borghese (ma né Diana né Carlo erano dei borghesi), si mostrò presto come non molto felice. E Diana scoprì di non avere una vocazione alla monogamia, come il marito, del resto. L’idea che il “popolo di Diana” si sia affezionato a lei a causa dei dolori matrimoniali che subì, non è facilmente sostenibile. Ripeto, Diana non era Cenerentola, e, comunque, quando si trattava di immaginare matrimoni le sue scelte si orientavano verso teste coronate o arciplurimiliardari. Affari suoi, certo, ma perché mai il mondo si sarebbe dovuto commuovere?
Carlo. Lo hanno preso tutti per i fondelli. Ma, a volere essere obiettivi, Carlo non è peggiore di molti altri re inglesi, o di altri membri, passati e presenti della sua famiglia. Anzi, Carlo figura come uno dei più colti e sensibili.
Neanche Carlo è stato monogamo, ma questa è la normalità, per i monarchi : si fa il matrimonio con sangue nobile, e si mettono al mondo i principini, poi ci si fa gli affari propri. La storia trabocca di simili esempi. Le donne non si indispettiscano per questo, non gridino al pregiudizio sessista, e tengano presente che non è obbligatorio sposare un principe. In tutto il mondo coronato della storia i casini (absit iniuria verbo) di caccia sono stati luoghi di braghettosi incontri. La stessa Inghilterra ha una nobile tradizione in proposito.
La monarchia inglese è, come tutte le monarchie costituzionali conteporanee, un’istituzione sovranamente inutile. E costosa. Ha un ruolo simbolico, certo, e molta parte del popolo vi è affezionata. Ma proprio in quanto simbolica, la monarchia ha delle regole. Regole che Diana ha violato tutte, senza ritegno.
I media. Se i media fossero esistiti, con il loro mercato mondiale, con il modo in cui si sono comportati con Diana e Carlo, non solo non avrebbe retto Enrico VIII (quello che fece ammazzare, nel 1536, la moglie, Anna Bolena, per sposare la quale, in seconde nozze, proclamò lo scisma dalla chiesa di Roma e si fece proclamare capo della chiesa, titolo che, ancora oggi, la regina ricopre), ma avrebbe avuto dei serissimi problemi anche la leggendaria Elisabetta I, figlia di Enrico ed Anna Bolena.
Detto questo, però, si fa fatica a concordare con il fratello di Diana (il cui dolore, lo ripeto, merita il massimo rispetto) quando afferma che la sorella è stata vittima dei media. No, la Diana che noi conosciamo, ai cui funerali abbiamo assistito, era un creatura, non un vittima, dei media. E lei stessa li utilizzò. Si dice : ma li utilizzo a fin di bene. Mha, punti di vista.
In una intervista, diffusa in mondovisione, parlò lungamente degli affari suoi, così come dei suoi pargoli. Disse anche che li aveva portati a visitare i malati di Aids, anche se aveva detto loro che si trattava di malati di cancro. Ecco, noi immaginimo che ai figli, quella sera, non sia stato permesso di vedere la televisione, né, il giorno dopo, di leggere i giornali, altrimenti avrebbero scoperto che la madre raccontava al mondo questo particolare, e la cosa non sarebbe stata piacevole, né rispettosa della privacy. A noi borghesi, poi, sarebbe capitato, il giorno dopo, di andare a scuola, ove avremmo incontrato un nugolo di compagnucci pronti a dirci : “tontolone, la mamma ti ha preso in giro”. Non so come si siano regolati i nobili, so, però, che Diana i media li usava, eccome.
A questo punto giunti, però, non abbiamo ancora capito niente del quinto elemento : la gente. Perché il “popolo di Diana” si è commosso e mobilitato? Un ruolo, ancora una volta, è stato giuocato dai media, mettendo a rumore il mondo. Ma i media, in questo caso, non hanno creato il fenomeno, lo hanno solo amplificato. La radice è altra, ed è questa radice che ha piegato la monarchia inglese ad un funerale che mai e poi mai avrebbe voluto, in quel modo, celebrare. Di che si tratta?
Mi avventuro. Non solo nella patria di Shakespeare, il popolo è ancora quello descritto nel Coriolano : volubile, desideroso di condannare o santificare, voglioso di credere. I nostri sistemi politici ci consentono di misurare e far valere gli interessi (e va benissimo così, perché, come disse un altro grande inglese : “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre”), ma non ci fanno sognare.
Si può votare per Blair, per Khol, perfino per Prodi, ma non si può credere o sognare con loro. Diana, invece, era una figlia ed una esponente del potere, il potere della nobiltà e del denaro, ma aveva comportamenti e stili di vita antagonistici con le forme che il potere aveva assunto. Per questo il “popolo di Diana” amava la principessa, proprio perché principessa, quindi potere, che testimoniava i mali (veri o presunti) del potere.
Il “popolo di Diana” la amava perché inseguiva il mito, fasullo e sciocco, del potere buono, del potere umano, del potere che dissacra il potere. E, da questo punto di vista, i funerali di Diana sono stati il trionfo del suo “popolo”, che ha visto il potere reale piegarsi al potere del sogno. Non sono stati, invece, il trionfo di Diana. Lei avrebbe preferito spodare il ricco Dodi, dopo essersi convertita ad un Dio diverso e concorrente di quello che, come si è cantato ai funerali, dovrebbe essere incaricato di salvare la regina.