Da laico e incredulo, senza gravami di tipo religioso e meno ancora con ossequi alle gerarchie vaticane, trovo illogica e superficiale la sentenza della Corte costituzionale sulla fecondazione eterologa. La lettura delle motivazioni mi convince ancor più in questa opinione. Naturalmente è esecutiva, quindi l’eterologa è oggi possibile, in Italia. Si potrà e dovrà rispondere alle 6000 domande già presentate. Ma l’ovvio rispetto delle conseguenze della sentenza non esime dal riflettere sui suoi presupposti. Che creano almeno tre ordini di problemi.
1. E’ illogico consentire una cosa per il solo fatto che avendo soldi da spendere altri potrebbero farla all’estero. Così non si elimina una discriminazione, ma si apre la porta al disfacimento della sovranità del diritto. Ci sono paesi che consentono la poligamia e dove, pertanto, un facoltoso masochista potrebbe sposare quattro donne (la poligamia è solo maschile, colà non tengono in gran conto il politicamente corretto). Che vogliamo fare? per parità d’accesso la consentiamo anche da noi? Se hai messo da parte 1000 euro ti tocca investirli in Italia, pagando le più alte tasse sul risparmio, se ne hai accumulato per 10 milioni trovi sull’uscio di paesi Ue, per non dire dei paradisi fiscali, chi è pronto a riceverti con ogni riguardo. Sono per questo incostituzionali le nostre tasse? (sono sbagliate, non incostituzionali). Ci sono paesi in cui è lecito l’uso di sostanze stupefacenti, in nome dell’uguaglianza e dell’andare incontro a chi non può permettersi viaggi le distribuiamo anche in Italia? E, per retare nell’ambito della fecondazione eterologa: la Corte prevede che ci siano due limiti, consistenti nell’essere una coppia eterosessuale di cui si sia accertata l’impossibilità a procreare. In altri paesi potrebbe accedervi un single, come una coppia omosessuale. Tale motivazione, quindi, è illogica.
2. La Corte considera la genitorialità (l’avere figli) un diritto. Oltre tutto “incoercibile”. A parte il fatto che è fin qui stato coartato, ove naturalmente impossibile, ma quel diritto è tale nel senso che nessuno può permettersi d’impedirlo. Qui siamo a una cosa diversa, ovvero all’idea che sia comunque realizzabile. Ma un figlio non è un oggetto, non è un bene, è (in potenza) una persona. Il diritto alla genitorialità va considerato come libertà non condizionabile dei due potenziali genitori, non come atto di libertà su un terzo. Riguarda la libertà di mettere in atto le condizioni per averlo (quindi di accoppiarsi) e il non essere da nessuno costretti all’aborto. Se si esce da questo, allora, va a finire che sarà incostituzionale la disoccupazione. Che è una cretinata tante volte ripetuta, con una citazione a cappero del primo articolo. Ma ora avvalorata dalla Consulta.
3. E veniamo ai figli, cui pure qualcuno dovrà pensare. Questo è il tema giuridico più delicato. Qual è il solo diritto riconosciuto al concepito? Quello di venire al mondo. Diritto non assoluto, peraltro, visto che chi è più forte di lui può legalmente impedirglielo, abortendo. Per il resto ci si affida al naturale e millenario corso delle cose. Qui, però, grazie all’evoluzione della scienza (sempre positiva, ma sempre da accompagnare con valutazioni etiche, perché anche Mengele era uno scienziato, non per questo apprezzabile), siamo di fronte a una questione del tutto diversa: la programmazione di una nascita mediante l’uso di materiale genetico diverso da quello dei genitori. Sicuri che, in queste condizioni, quella futura persona non abbia diritto a qualche tutela in più? Non saprà mai quali sono le malattie ereditarie cui può essere soggetto. Non saprà mai se ha fratelli carnali. Sentimentalismi? Mica tanto: a Mazara del Vallo capitò una cosa incresciosa, ma “naturale”, uno scambio nella culla; le due bambine finirono nelle famiglie sbagliate e se ne accorsero (con esami genetici) dopo quattro anni; sarà bene leggere il dramma di quelle due coppie di genitori, e sarà bene ripassare quel che ha detto uno dei padri: amo la figlia che ho cresciuto, ma quando ho visto l’altra (il tribunale stabilì lo scambio) riconobbi somiglianze fisiche e di carattere; una delle madri diede fuori di matto. Il tutto senza contare che proprio la scienza, con l’epigenetica, ci dice che la così detta ereditarietà debole può derivare da condizionamenti ambientali o alimentari, cose minori, rispetto ai gameti, eppure rilevanti. Quelle future persone che diritti hanno, rispetto a quel che venne prima? Se la risposta è “nessuno”, lasciatemi dire che è una follia.
Né si possono fare paralleli con i figli variamente illegittimi. E’ vero che dal 10 al 30% degli esami genetici dimostrano l’esistenza di un padre diverso dal marito della madre (almeno quella fin qui certa e ora non più). Ed è vero che non poche famiglie regnanti si rinsanguarono con l’eterologa ruspante. Ma all’origine c’era sempre un atto cosciente e volontario di due persone, non un laboratorio e dei donatori. Chi verrà da quel percorso ha diritto, ancor prima d’essere concepito, a che la determinazione delle proprie origini non sia affidata al capriccio di chi volle coronare un sogno altrimenti naturalmente impossibile. Un sogno in cui la prima persona singolare e la prima persona plurale fanno premio sulla terza. In caso contrario siamo all’incubo.
Ripeto, non mi guidano considerazioni religiose (pur legittime, naturalmente), o chissà quali sacralità sanguigne o familiari. Mi pare sia il caso di non dismettere il semplice buon senso. E non credere che il diritto di un soggetto forte sia sempre tale da potere prevalere su quelli di soggetti deboli, per definizione. I bambini.
Pubblicato da Libero