Idee e memoria

Droga e sloganucci

Affrontare il problema della droga con il paraocchi ideologico è un errore che, di certo, Dimitri Buffa, su queste pagine, non ha commesso. Epperò, giacché il mondo riserva sempre sorprese, capita che le sue stesse osservazioni possano servire a sostenere la tesi opposta a quella da lui sostenuta.

“La libertà dell’individuo – egli afferma – per un liberale conta più della molto ipotetica salvezza di un’intera società”. Appunto, aggiungo io. Difatti riesco a comprendere il significato delle politiche antiproibizionistiche laddove queste si pongano come obiettivo il controllo della delinquenza minore: se la dorga fosse libera ed accessibile a chiunque risulterebbe evidente un calo di reati quali lo spaccio, così come dei tanti furti, scippi e similaria che al bisogno di procacciarsi denaro per poi acquistare droga sono legati. Mi è sempre parso, però, che un simile approccio sia poco umano e poco rispettoso della libertà dell’individuo.

Già, perché con la scusa di non volere condannare il drogato si finisce con il condannarlo al massimo della pena. Con la scusa di voler rispettare la sua libertà si finisce con l’accettare che di tale libertà non rimanga neanche l’apparenza. Questo è il punto: non può esistere la libertà di rinunciare alla libertà, ed un uomo che dipende da una sostanza non è un uomo libero.

Allora, proprio perché Dimitri ha ragione Buffa ha torto. Proprio perché non si può condannare all’illibertà un individuo, nel fatuo presupposto che ciò giovi alla collettività, non si può condannare un drogato a rimanere tale sol perché in questo modo si conta che non faccia più scippi. La borsa contro la vita. E noi dovremmo tutelare la borsa?

Una precisazione storica. Si ripete spesso che la legge Jervolino-Vassalli, fortemente voluta da Bettino Craxi, sia stata approvata al fine di portare i drogati in carcere. Non solo è falso, ma è vero l’esatto contrario. I drogati, in carcere, c’erano già allora come ci sono ancora oggi, e ci sono non in quanto drogati, ma in quando ladri e delinquenti. Allora si ragionò in modo da riconoscere prevalente non la loro natura delinquenziale, ma la loro realtà di drogati, in questo modo aprendo le porte del carcere e facendoli affluire (naturalmente con il loro consenso) verso le comunità. Capito? Era l’esatto contrario, si cercava di farli uscire, non di farli entrare.

Detto questo, a me le ideologie non piacciono, così come non piacciono a Buffa. Figuriamoci se riesco a mandar giù una supposta ideologia proibizionista, figuriamoci. Ma quando ci si trova ad avere a che fare con droghe che riducono in marmellata il cervello di chi le assume, non è che si possa rispondere con sloganucci inconsisteni, del tipo “proibito proibire”.

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