Idee e memoria

Europa vs democrazia

La democrazia sembra bisticciare con l’Europa, provocando guasti sia nelle vite nazionali che in quella dell’Unione. Non è una questione formale, da cultori della Costituzione o da puristi della sovranità popolare, è una questione sostanziale, da pragmatici. Se la si sottovaluta non c’è verso di dominare i mercati e la loro aggressività. Il problema non è solo quello del governo senza politici, incaricato di scelte eminentemente politiche, perché in quel caso, almeno, si salvano le forme. In altri casi neanche esistono.

Pensare che l’Unione europea possa sopravvivere alla sconfitta dell’euro è da illusi. Se soccombe, o comporta sudditanza degli uni agli altri, l’intero processo d’integrazione, avviato dopo la seconda guerra mondiale, va all’aria. Una posta così alta viene giocata ad un tavolo ove la sovranità popolare conta poco e nulla. Il default democratico precede e propizia quello economico.

Ciò accade perché le scelte dei governanti che si trovano in una condizione più forte, intendendosi per tale il potere adagiarsi sulla richiesta che i trattati siano onorati anziché cambiati, si riflettono immediatamente e decisivamente sugli interessi di tutti i popoli europei. Ma chi li ha eletti? Solo una ristretta base nazionale, che non rappresenta affatto gli interessi collettivi (e che, per giunta, annuncia di volerli mandare via).

In tempi di vacche grasse s’è tentato di ovviare a questo deficit democratico con due finzioni: a. il Parlamento europeo; b. i partiti europei. Il primo è irrilevante, le sue scelte sono insignificanti, al punto che in ciascun Paese ci si dimentica anche di chi siano i propri parlamentari. I secondi sono delle prese in giro. Per rendersene conto basterà porre mente al fatto che Berlusconi, Merkel e Sarkozy sarebbero nello stesso partito, come anche Rajoy, eppure si sono fregati a vicenda. Ciò capita perché rappresentano interessi nazionali diversi, contrastanti e male interpretati. Il comune partito è una bugia, un niente. Farei volentieri governare l’Unione, ad esempio, a uno come Tony Blair, il più capace politico europeo della generazione post guerra fredda, pur trovandosi egli in un partito europeo che in Italia raccoglie i fossili comunisti.

Non esistendo, pertanto, una democrazia europea, i conflitti si gestiscono fra capi di stato e il consenso si cerca ciascuno a casa propria. Ma anche questo provoca guasti enormi. Corrado Clini, nuovo ministro dell’ambiente, s’è lasciato sfuggire quel che pensa, sul nucleare. Ha totalmente ragione. Sta di fatto, però, che ripetuti referendum ci hanno dato torto. Diciamo che gli italiani hanno votato tutti contro il nucleare, tranne quelli che non sono andati a votare. Lo trovo demenziale, ma è così. Solo che c’è un problema: come si fa a competere in ambito europeo e, soprattutto, come si fa a rispettare i trattati internazionali sull’inquinamento, senza utilizzare la fonte energetica meno inquinante che esista? Non si può. Scaricare in un ambito troppo piccolo le scelte relative a competizioni più grandi, allora, non è democrazia, ma inganno e autolesionismo.

Nel suo discorso programmatico Mario Monti s’è tenuto lontano da temi difficili. Dire che si devono chiudere le province è facile: tutti lo ripetono e nessuno lo fa. Il problema è chiudere le municipalizzate, privatizzando e liberalizzando. Anche in questo caso sono in molti a ripeterlo, salvo il fatto che s’è appena celebrato un altro referendum deficiente, che, a furor di popolo, ha sancito che le acque debbano essere amministrate dai politici e dai loro nominati, solitamente incapaci e trombati. Decisione folle, che mi permetto di definire tale proprio perché il mio voto finì in un’infima minoranza, quindi so bene come la pensano (quasi) tutti gli altri. Ma ora che si deve far cassa e non si possono fare investimenti la bolletta aumenterà e nessuno farà nuove condutture. Evviva. Ciò dimostra che chiamare a referendum la gente senza offrire gli strumenti per conoscere e ragionare non è democrazia, ma demagogia.

Alla luce di ciò, il governo composto da chi non è mai stato votato è quasi un dettaglio secondario, tanto più che viene sostenuto da chi è stato votato, ma ha perso la fiducia degli elettori. Solo che alimenta un’illusione, quella secondo cui si possa scegliere senza risponderne, si possa governare senza conflitto, possa esserci democrazia senza l’arte di convincere gli altri a far la cosa che si ritiene giusta. Che si possa vivere senza politica, il che è possibile solo laddove la politica è padrona di tutto: nelle dittature.

Condividi questo articolo