Idee e memoria

Fallaci un libro orribile

L’ultimo libro di Oriana Fallaci, “La forza della ragione”, è orribile. Un libro pericoloso, disonesto, urticante. Non c’è timore per il gran successo, non c’è politicamente corretto che possa portarmi a non esprimermi su chi dice di condannare il politicamente corretto.

Sono ateo anch’io. Anche le mie radici sono azioniste. Detesto i veli e voglio la galera per quelli che praticano l’infibulazione. E proprio per tutto questo m’arrabbio, a leggere la Fallaci.
Ma quali roghi, suvvia, ma quali persecuzioni! Si tratta di un libro che, come il precedente, gode del lancio a tutta prima pagina del quotidiano più diffuso; occupa metà dello spazio di tutte le librerie; si vende come il pane, ed è un bene, ma, di certo, non è il sintomo che alcun Sant’Uffizio si stia riunendo, nessuna inquisizione si stia muovendo. Fra le molte critiche ricevute dal precedente libro, certo, ve ne sono state di demenziali, di pretestuose, di estreme, come no, ma, infine, questa è ricchezza, questo è il sale della democrazia, e se di un mondo ho terrore è proprio quello in cui tutti si mettono a dar ragione alla Fallaci. Solo perché dice d’essere vecchia, d’essere debole, di passare i mesi al tavolino, solo perché si sente Cassandra.
Ho finito di leggere il libro ed ero proprio incavolato. Ma come facevo ad essere così se, tutto sommato, potevo dire di condividere la gran parte delle cose lette? Era solo un problema di tono? Allora l’ho riletto da capo, ed alla fine ho capito.
Ma prima di dire cos’ho capito, vi dico dove si nascondono alcuni trucchi. Il primo è quello d’illustrare le tesi di qualche cialtrone, dal vescovo islamista al pacifismo demenziale, per portare il lettore a dividere il mondo in “noi e loro”, e dato che non sono con loro ? Ma è un trucco. Definirsi in negativo è efficace dal punto di vista comunicazionale, ma è una perdita di tempo dal punto di vista politico.
Io non sono contro i ragazzi che sfilano con lo straccio di Arafat attorno al collo, né contro quelli che si fregiano del bel volto di Che Guevara. Io sono dalla parte d’Israele, del diritto ad esistere dell’unica democrazia presente in quell’area; sono dalla parte dei detenuti cubani che hanno la sola colpa di aver sulle palle quel dittatore che risponde al nome di Fidel Castro. Nei confronti dei ragazzi italiani ho il solo problema di riuscire a trovare il giusto linguaggio per dir loro che quei simboli, ove mai avessero un significato in sé, son stati stracciati da quegli stessi per i quali loro sfilano. Questo è il mio problema, non quello di infilarli in una lista di cattivi da combattere, aggiungendoli a qualche centinaio di milioni d’islamici.
Il secondo trucco lo si smaschera nelle pagine, se così possono essere definite, di storia. Funziona in questo modo: ad un cattolico trentino comunico la mia ammirazione per la cattedrale che ospitò il famoso concilio, e mi congratulo per le molte altre chiese che ospitarono i gruppi dissidenti; ad un islamico marocchino metto sul conto tutte le peggiori infamità degli ultimi millequattrocento anni, fottendomene del fatto che il Marocco non è l’Islam.
Il terzo trucco è quello di farsi un cristianesimo su misura. No, attenti, essere atei, come me, mica significa avere diritto all’ignoranza. I Vangeli sono lì, a disposizione di chi li voglia leggere. E se c’è una cosa davvero interessante è scandagliare il terreno del rapporto fra la predicazione di Cristo e l’antico testamento. Però, mica lo posso prendere a quarti di bue, il cristianesimo: questo ce lo metto, questo, invece, lo butto. Anche perché la storia e lì, che se la ride sorniona.
Il quarto trucco consiste nel descrivere certi costumi islamici come fossero fuori dal mondo. Mia madre (mia madre, non una mia trisavola) aveva una collega il cui marito s’era presentato al padre volendo sposare una delle due sue figlie, la più giovane; il signore disse che non c’erano difficoltà, ma prima doveva sposarsi la più grande; il giovanotto aveva le fregole, e prese il prodotto immediatamente disponibile. Ci ridevamo, come no. Ma era successo. I matrimoni combinati non sono estranei alle nostre storie familiari. I matrimoni di mogli bambine non sono estranei a culture apparentemente contrapposte all’Islam, come quella ebraica. Il che non giustifica, ma aiuta a capire.
Il quinto trucco (e poi la smetto) è quello di attribuire all’Islam ciò che non gli compete, come l’infibulazione. Pratica barbara, vigliacca, da galera eterna, ma non islamica. Anche sul velo ci sarebbe da ridire (le fanciulle di Al Jazeera appaiono a capo scoperto, e non sono ufficialmente mignotte).
Le società multireligiose sono una schifezza, per giunta impossibile. Le religioni, tutte le religioni, hanno la pretesa di conciliare ciò che è terreno con una rivelazione divina, e, questa, non è la migliore premessa per poter ragionare. Quelli, più che ragionare, tentano di sopraffarsi. Sono secoli che ci provano. Ma abbiamo vinto noi, in questa parte del mondo abbiamo vinto noi. E noi siamo quelli che dicono: inginocchiatevi come vi pare, pregate come vi pare, ma se sull’inferno non possiamo garantire, vi garantiamo che a violare le leggi dello Stato si va in galera. Ha vinto lo Stato laico, casa di tutti, quindi anche di tutte le fedi, ma, proprio per questo, non appartenente a nessuna fede. La Fallaci ha ragione, e qui vengo a quel che ho capito.
La Fallaci ha ragione, difatti il suo libro è efficace, sincero, onesto e mette giustamente in guardia. E’ splendido, in questo. Mosè crepò senza vedere la terra promessa; Cristo finì in croce avendo detto che Cesare merita il suo (così dicendoci quel che ancora oggi molti faticano a capire: c’è Cesare, nelle nostre radici, e senza Cesare, senza Roma, le cose sarebbero andate assai diversamente); Maometto, invece, era furbo e terreno, ed è un guaio che se ne parli senza averne studiato vita e gesta, era concreto ed arraffone, e finì i suoi giorni assiso in cima ad un impero. E questo è il problema. Non a caso, gli studiosi di cose divine, nell’ebraismo si chiamano “rabbini”, termine che discende da “rabbi”, maestro; nel cristianesimo, variamente ramificato, si chiamano “teologi”, studiosi della “natura di dio”; nell’Islam si chiamano “giuristi”, e non credo sia necessario spiegare la cosa.
La Fallaci ha ragione, noi abbiamo scoperto l’individuo e l’individualismo. Con quel piede di porco abbiamo scardinato portoni di bronzo dietro i quali, nel nostro mondo, si accumulavano cisterne di sangue e tonnellate di merda. Ma, cribbio, dove sta scritto che questo valore non possa trovar posto anche in quella parte del mondo cresciuta con l’Islam? Lo so, possono farsi centinaia d’esempi che sembrano dimostrare l’impossibile conciliazione; ma ne posso fare anche centinaia che ci riguardano, se è per questo. Però, però, nessuna religione, nessuna usanza, nessuna famiglia, nessuna legge tribale potrà mai fermare la forza di una ragazza che, velata o meno, s’innamori. Propongo alla Fallaci che sia lei a rileggere le ultime pagine del suo libro, e dirci perché quella stessa forza non potrà far saltare le convenzioni peggiori di un mondo che deve morire. E morirà.
La forza dell’individuo è grande, si chiami David o Rashid, Giuseppe o Bertrando. Incitare al disprezzo ed all’odio verso gli islamici, descriverli tutti come farabutti e scorticatori, irridere chiunque voglia battere strade diverse dalla loro (improbabile e ripugnante) eliminazione fisica, è davvero il modo migliore per consegnare i Rashid ai peggiori incubi del loro mondo.

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