Terry Jones, quel tale che indica nel rogo la giusta sorte del corano, è reverendo per chi lo voglia riverire e pastore per chi voglia far parte del suo gregge. Essendo escluso da ambo le possibilità, lo considero un fondamentalista, con tendenza esibizionista. Le fiamme che lo affascinano e lo rendono famoso sono un gesto simbolicamente violento. Non fanno male fisico, ma sfregiano la libertà approfittandone. In fondo, fatte e dovute proporzioni e al netto della macelleria, lui e Bin Laden si meritano a vicenda. Siamo noi, che non ce li meritiamo.
Rivolgersi agli esaltati non è attività profittevole, ma stabilire le modalità con cui si reagisce alle loro gesta è questione che ci riguarda tutti. I criminali, i fanatici assassini che compirono gli attentati dell’11 settembre 2001 erano islamici. Annettere all’islam e al corano le loro gesta significa fare un regalo enorme ai loro mandanti. Un errore che né gli Stati Uniti né i popoli liberi dell’occidente hanno commesso, e che il piromane invasato può commettere a titolo personale. Quindi senza alcun titolo.
Diversa la possibilità, ventilata dallo stesso Barak Obama, di costruire a Ground Zero, nel cuore offeso e perennemente a lutto di New York, una moschea. Per certi aspetti è una buona idea, per certi altri un gesto avventato. Avrebbe il senso di negare quell’identificazione, ma suonerebbe strano sentir chiamare alla preghiera solo nel nome di quella divinità invocata nel mentre si conducevano a morte gli inermi. Forse si potrebbe metterla in modo diverso, offrendo uno spazio, in quella cicatrice ancora aperta, a tutte le religioni, come anche ai non fedeli, un punto di riflessione, preghiera, raccoglimento, non monopolizzato da alcuno, se non dalla libertà dell’uomo. Mussulmani compresi, ovviamente, senza farli venire né prima né dopo nessun altro.
Il bruciatore di libri (per taluni sacri) pone un ulteriore problema. Ho sentito ripetere, a proposito della costruzione di luoghi di culto, che noi occidentali si dovrebbe concederli se i mussulmani ci consentono di costruire cattedrali dalle loro parti. La chiamano “reciprocità”, ma è un errore. La reciprocità è un principio più che giusto nel rapporto fra Stati, segnalandone la pari dignità e la non subalternità. Ma la libertà di fede, come quella di non credere, non è un diritto degli Stati, bensì degli individui. Non è subordinabile ad alcuna reciprocità. Anzi, dovremmo portare la molteplicità e diversità dei luoghi di culto come un fiore all’occhiello, perché è superiore la civiltà che tutela la libertà, rispetto a quella che la nega. La nostra civiltà è superiore proprio perché basata sulla libertà e sulla tolleranza. Perché mai dovremmo rinunciare a questo vantaggio, solo perché altri la considerano una debolezza? E’ la nostra forza.
Anche Jones è espressione della nostra liberà, con i suoi appelli e i suoi gesti. Benissimo: lui dice una cosa e noi gli rispondiamo che è scemo. Fine della partita. Se qualcuno si sente offeso dalle sue parole si rivolga a lui, non a noi, e se qualcuno tenterà di fargli del male noi lo difenderemo, perché da noi anche gli scemi hanno diritto alla sicurezza. In assenza di libertà, invece, le cose vanno per il verso peggiore, perché o si cancella lui (e quelli come lui) o loro cancellano noi.
Questo approccio è il solo che garantisce un altro bene inalienabile: il rispetto delle nostre leggi. Alcune sono giuste, altre sbagliate, altre (le più) inutili, ma sono le nostre leggi. Sappiamo come cambiarle e, se del caso, lo facciamo. Chi viene da noi deve rispettarle. Se arriva un simpaticone a dire che, per la sua fede e nella sua tribù, è lecita la poligamia noi gli rispondiamo: tornatene da dove sei venuto, caro, perché, in alternativa, o rispetti la legge nostra o vai in galera. Vale la stesa cosa per quelli che pensano d’essere proprietari delle figlie, o per quelli che non vogliono far fare le trasfusioni di sangue ai propri figli che rischiano la vita. Si chiamano le forze dell’ordine e li si mette in condizioni di non nuocere.
L’11 settembre non è identificabile con l’islam, ma fu organizzato da islamici. Sappiamo che scuole e moschee sono posti dove le cellule fondamentaliste s’insediano e allargano. Non per questo le chiudiamo, ma abbiamo il diritto di controllare. Talora può essere seccante, ma è necessario. Con rispetto, noi della loro fede e loro della nostra sicurezza, dove “noi” siamo la collettività e “loro” gli appartenenti ad un gruppo particolare, quale che esso sia. Se si trova chi inneggia al sacrificio della vita per battere i “crociati” lo si consegna alla giustizia, nella speranza che non ce lo riconsegni in fretta.
Bin Laden ha fallito, perché non è riuscito ad imbarbarirci. Non so se sia vivo o in quale buco fetido si trovi, ma so che sarebbe bello e giusto cancellarlo dalla faccia della terra, senza per questo sentire il bisogno di offendere il testo in cui tanta gente crede, in modo pacifico e convivendo con il resto dell’umanità.