Da laico, che non ha ricevuto il dono della fede, mi arrabatto con la ragione, la quale, però, non riesce a darmi conto della singolare inversione logica per cui dovrei iscrivermi al partito dei vescovi.
Può darsi che sbagli io, ma può darsi anche che su questa storia della fecondazione assistita si stiano dicendo e facendo un mucchio di fesserie.
Il Parlamento ha negato ad una coppia sterile, regolarmente sposata e che ha provato in tutti i modi ad avere un figlio, la possibilità di ricorrere alla fecondazione eterologa. Capisco le complicate implicazioni morali di questa faccenda, ma mi pare che il divieto non sia ragionevole. Lo stesso Parlamento, poi, vuol consentire la fecondazione assistita alle coppie di fatto, e la cosa viene fatta passare come una specie di difesa di questa scelta e condizione. Il che, ancora, non è affatto ragionevole.
Le coppie di fatto sono tali perché, per loro scelta, ritengono di dovere vivere assieme oggi senza impegnarsi per domani, senza doversi caricare di vincoli contrattuali, senza doversi allineare ad alcuna morale convenzionale. Fanno benissimo e (se ciò fosse possibile) che Dio li benedica. Difendere questa loro condizione significa, appunto, difenderla da ogni possibile vincolo, autorizzazione, iscrizione, regolarizzazione, od altra diavoleria burocratico statalista. I conti non tornano, però, quando la coppia di fatto non solo vuole un figlio, ma lo vuole anche con la fecondazione assistita.
Che senso ha? Mettere al mondo un figlio significa certo procurarsi una gioia, ma, anche, caricarsi di un vincolo forte e destinato a durare molti e molti anni. In tal senso la famiglia non è una convenzione borghese od un portato della morale cattolica, è solo e soltanto una struttura naturale, presente, difatti, in tutto il mondo animale che si trova ad avere a che fare con prole a lento svezzamento. Due soggetti che dicano: non vogliamo il matrimonio ma vogliamo i figli, sono, oggettivamente, piuttosto strani. O si tratta di anarchici che non intendono riconoscere alcun ruolo ad alcuna istituzione, o si tratta di persone con le idee confuse.
Si legge che il mondo corre verso la dissoluzione della famiglia “tradizionale”. Chi lo dice non sa che queste cose sono state dette già molte volte, nella storia, e sempre è arrivata l’ondata di ritorno. Ma, se anche fosse, c’è qualcuno che pensa felice il mondo dei figli unici di genitori singoli?
A leggere certe cose vien fatto di credere che la denatalità, in Italia, sia un frutto della sterilità o dell’ostracismo verso le coppie di fatto. La denatalità, invece, è figlia di un misto fra: paura del futuro; egoismo; sistemi di vita ed orari di lavoro inconciliabili con la famiglia; convinzione culturale che ci si “realizzi” nel lavoro e non nella riproduzione. Le coppie di fatto nascono anche come risposta a queste paure ed a queste difficoltà. Hanno tutto il sacrosanto (si fa per dire) diritto di esistere e di non essere disturbate, ma curare il male con il suo sintomo è da scemi.
Poco mi curo del fatto che potrò essere iscritto d’autorità al partito dei vescovi (esperienza nuova ed a tratti eccitante). Mi preoccupa, invece, un fronte presunto laico che in realtà è così poco laico, così tanto ideologico, così estraneo al dubbio. Mi preoccupa che si finisca con il lasciare ai vescovi il monopolio del buon senso. Io laico un regalo simile, ai vescovi, non glielo faccio.