Idee e memoria

Filtro vaticano

La decisione vaticana, in vigore da oggi, di “filtrare” le leggi italiane, è positiva. Da laico, plaudo. L’istituto del recepimento automatico, nel diritto interno vaticano (da non confondersi con il diritto canonico, che regola i rapporti fra i fedeli, nel mondo, o con il diritto ecclesiastico, che regola i rapporti fra i singoli Stati e le confessioni religiose), nacque con il concordato del 1929. Motivo di più per non rimpiangerlo. E’ sbagliato, però, sottolineare la parte sottrattiva della novità, smarrendone i significati più promettenti.

In Vaticano dicono che la nostra produzione legislativa è caotica, esagerata e non di rado incoerente. Hanno ragione. Aggiungono che non sempre il contenuto morale delle leggi è per loro condivisibile. Hanno ancora ragione: c’è una grande differenza fra una democrazia ed uno Stato con un fondamento religioso in un sistema assoluto. Non solo hanno il diritto di non recepire quel che non condividono, ma hanno anche quello di far valere, in Italia, fra i fedeli e non, il loro punto di vista. E, del resto, da tempo il Vaticano non recepisce le leggi che regolano le tutele sindacali e contrattuali dei lavoratori, senza per questo indurre Benedetto XVI a tacere sull’argomento. Faceva e farà bene a parlare, posto che un eventuale dissenso non dovrà essere indicato come sacrilego od offensivo per l’istituzione. Infine, l’ordinamento italiano è ora subordinato a quello dell’Unione Europea, e non si vede perché il Vaticano debba passivamente recepire anche quello, non facendone parte.
Vi sono, come si vede, ragioni tecniche e di generale ragionevolezza, al fondo di questa decisione, ma sullo sfondo c’è un valore enorme, quello dello Stato laico. Il nostro. La più grande conquista della civiltà, ciò che ci rende superiori ai fondamentalisti di ogni risma: lo Stato casa di tutti, credenti e non credenti, fedeli di ogni confessione, tutti tenuti al rispetto dell’altro, ciascuno soggetto al dominio della legge che garantisce la convivenza. E’ ovvio che le leggi regolanti la vita interna alle istituzioni religiose possano avere natura diversa, anche discriminando in base alla fede, ma sempre riconoscendo al proprio esterno il valore superiore delle leggi statuali. Laiche, proprio perché hanno imparato a praticare il rispetto della fede.

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