Idee e memoria

Gli ebrei e la memoria

Il giorno della memoria è dedicato allo sterminio degli ebrei, serve a ricordare quel che accadde per mano dei nazisti.E’ giusto che sia così, anche se, vivendo questa giornata, si arriva in fondo con in bocca uno strano sapore, la sensazione che non si sia riusciti a dire, a trasmettere, neanche lo stretto indispensabile.

A rendere il mondo refrattario alla memoria contribuiscono elementi diversi, talora distanti. Qui mi preme sottolinearne due, fra passato e contemporaneità: la menzogna dell’antisemitismo e l’educazione che vien data ai bambini.

A parte i cosiddetti negazionisti (cioè quegli storici improbabili che semplicemente negano la lampante realtà dell’Olocausto), la condanna dell’operato nazista è unanime. Come mai? Perché fu atroce? No, non credo, l’unanimità discende dal fatto che il nazismo è un capitolo chiuso e senza eredi. Difatti, perché non esiste eguale coscienza, eguale indignazione per le persecuzioni antiebraiche perpetrate dalla dittatura comunista sovietica? Perché non è un capitolo chiuso, perché ad esercitare la memoria contro i nazisti vi sono anche persone che esercitano l’amnesia nei confronti di ciò che loro stessi condivisero o tacquero.

Nel 1997 Giovanni Paolo II condannò i silenzi della chiesa di fronte all’Olocausto, e le radici storiche dell’antisemitismo. Ma il mondo cattolico, quale riflessione, quale studio ha esercitato a partire da quelle parole? C’è qualcuno che ha notizia di un numero speciale di Civiltà Cattolica, nel quale i gesuiti s’inginocchiano a chiedere perdono per le persecuzioni antiebraiche da loro stessi perpetrate? No, perché quel numero non è mai uscito.

Attenti, perché la memoria è cosa delicata, che non accetta corruzioni e che si vendica. A forza di manifestare condanna unanime per l’Olocausto, condannando ogni forma d’antisemitismo, siamo giunti al paradosso di una parte del mondo politico che proclama ad alta voce (finalmente) la legittimità dello Stato d’Israele, salvo poi continuare a coltivare un pregiudizio antiebraico, che dipinge oggi come sterminatori gli sterminati. A ben vedere, si tratta di un ritorno alle origini del pregiudizio, il che non è affatto confortante.

Il giorno della memoria, dunque, debutta nei nostri calendari accompagnato da un groviglio di ipocrisie ed amnesie. Come non bastasse la realtà drammatica dell’Olocausto viene nascosta, per prudenza, ai nostri bambini. Sì, si ha paura di lasciar cicatrici nel loro animo, di esporli ad una cattiveria senza confini, di far loro del male. Noi eravamo ragazzini quando ci trovammo per le mani “Tu passerai per il camino”, o le lettere dei condannati a morte della Resistenza, o “Ragazzo negro”. Tutte pagine che ci impressionarono, ma ci formarono. Non ci resero felici, ma ci fecero crescere. Ora, invece, si vuol essere fanciullini fino al giorno del decesso. Si vuole allontanare il male, fingendone l’inesistenza.

Che straordinario paradosso: nessuna generazione di bambini è mai stata esposta alla violenza raccontata come quella di oggi, che non passa giorno senza vedere immagini di gente trucidata, squartata, dilaniata, violentata. E tutto questo è accettato, alla sola condizione che si possa dire loro: è solo un film, è tutta roba non vera. Se, invece, si tratta di stare loro accanto e spiegare: vedi, questo è successo davvero, è terribile, ma è così, sappi che se vedrai le stesse scene, se per disavventura ti capiterà di incontrare ancora quegli esseri umiliati ed offesi, la ragione sarà dalla loro parte, chiunque essi siano. Ecco, questo no, perché potrebbe nuocere al quieto vivere di un bimbo abituato ad interrompere uno squartamento con una bella pubblicità, con gente festante che inzuppa il biscotto nel latte.

Non esponendoli al dolore si crede di proteggerli, in realtà se ne fa dei bimbi-merendina, degni figli del pensiero-merendina.

Il giorno della memoria è cosa giusta, ma alla fine della giornata ci rimane il dubbio che si sia profusa retorica, di non essere stati capaci di far vedere le radici del male ed il suo sopravvivere, di avere annoiato. Di aver provocato tante reazione del tipo: che orrore, no non voglio vedere. E’ il guaio delle celebrazioni, il difetto di commemorare in un giorno quel che dovremmo ponderare nella vita di ogni giorno. Sarà bene non dimenticarlo.

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