Idee e memoria

Gli scolari italiani sembrano scemi

Se un alunno va male a scuola può voler dire che non studia, o che è scemo, o che ha problemi in famiglia. Nel primo caso lo si punisce e sprona, nel secondo ci si rassegna, nel terzo (non credo molto agli interventi “sociali”) si spera che la durezza del presente si trasformi in forza e determinazione per il futuro. Ma se moltissimi studenti vanno male c’è un problema che riguarda la scuola, ed è il caso italiano.

Non solo i nostri diplomati risultano essere in fondo alle classifiche internazionali, in quanto a conoscenze e preparazione, ma le percentuali di alunni che riportano voti inferiori alla sufficienza è inquietante, specie se disaggregate per tipo di scuola. Vediamo le superiori: allo scientifico ha insufficiente in matematica il 64,9%; al tecnico ed al professionale le materie tecniche e professionali sanciscono l’impreparazione di più dell’80%. Saranno tutti bestie? O non sarà che i corsi non funzionano ed i docenti che non sanno insegnare sanno, in compenso, mettere brutti voti? E non sarà anche che i docenti bravi, che credo siano la maggioranza, sono comunque privi di autorevolezza, quindi di credibilità?
In Inghilterra il governo Blair chiese ai docenti un giro di vite: scuole più selettive e più compiti a casa. Pare che quei compiti siano divenuti troppi, ed alcune organizzazioni dei docenti chiedono oggi di alleggerirli. Ma se si leggono le statistiche Pisa-Ocse si scopre che gli studenti italiani sono quelli che dedicano più tempo ai compiti, più di dieci ore la settimana, vale a dire circa il doppio della media europea. Possibile che tutti gli scemi nascano in Italia? Possibile che da noi valga la sentenza di stupidità che terrorizzava il giorno del ricevimento dei genitori: “si applica, ma non rende”? E’ evidente che no, quindi vuol dire che è la concezione stessa dei nostri corsi di studio ad essere fuori dal tempo. Ed il rimedio delle lezioni private serve solo a superare la sufficienza, rendendosi abili in quel che è inutile. Un gran mercato nero, nel quale si vendono sistemi per passare agli esami, non per prepararsi alla competizione.
Noi al nostro sistema d’istruzione non mettiamo mano, ed in nessuno dei due programmi elettorali s’annuncia nulla di significativo, solo pannicelli caldi e parole consolatorie. Nel frattempo, però, si trasforma un concorso per diventare presidi in una graduatoria ad esaurimento, il che significa, per chi non fosse addentro al linguaggio burocratico, che anche chi ha riportato punteggi che meritano la sonora bocciatura diventerà preside. Tale trovata si trova nel decreto “milleproroghe”, e già l’idea che così possa denominarsi un atto legislativo d’iniziativa governativa dà l’idea di quanto scombiccherato sia il Paese.

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