Idee e memoria

Guerra ai talebani

Occorre essere chiari, circa quello che avviene in Afghanistan, per evitare che a dir cose vere siano solo i nemici di quella giusta missione. Siamo lì, nell’ambito di un’operazione voluta dall’Onu, per organizzare ed assicurare la pace, ma dobbiamo farlo sotto il fuoco dei talebani, che vogliono la guerra. Alla loro guerra si risponde con la guerra, come unico strumento capace di guadagnare la pace.

L’Afghanistan era la base logistica di Al Quaeda, che da qui ha scatenato l’attacco contro il mondo civile, contro di noi, le nostre democrazie, la nostra liberà. A cacciare i talebani dal governo, a far fuggire il loro Omar, fu un’azione militare di statunitensi ed inglesi, avviata subito dopo l’11 settembre 2001. Noi siamo intervenuti in un secondo tempo, nel 2003, sotto l’egida dell’Onu ed il comando Isaf (International Security Assistance Force), con il compito di riorganizzare le zone liberate. E’ capitato, però, che la resistenza talebana si sia incistata ai confini sud con il Pakistan, conservando il controllo di terre ancora largamente utilizzate per la produzione di oppio. Sconfiggerli, annientarli, quindi, è utile anche a difenderci dalla droga.
Indirizzato a chiusura (ci vorrà ancora molto tempo) il capitolo iracheno, la nuova amministrazione statunitense ha concentrato gli sforzi in Afghanistan, dimostrando non solo continuità con la precedente, ma indurendo molto le attività e chiedendo agli alleati, noi compresi, di partecipare più attivamente. Cosa che credo sia giusta, e per questo non va nascosta. Anche perché gli scontri, quindi i pericoli, sono destinati ad intensificarsi, giacché non ci conviene certo cronicizzare il dominio dei talebani nelle zone che controllano, da cui partono per attaccarci.
I nostri militari stanno adempiendo, con onore, al loro dovere. Cerchiamo di assolvere il nostro, prendendo atto della reale situazione ed attrezzandoli non solo a costruire ponti ed istruire poliziotti, ma anche a prevenire attacchi. E lo si faccia da Paese maturo e civile, informando il Parlamento e l’opinione pubblica, mantenendo un continuo scambio d’idee ed informazioni con l’opposizione. La correttezza istituzionale, in casi come questo, è sostanza politica. Sta all’opposizione, poi, scegliere la difesa degli interessi nazionali o l’autodissoluzione.

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