Idee e memoria

Il perdono chiesto da Ratzinger

Il cardinale Joseph Ratzinger ha chiesto perdono, a nome della chiesa cattolica, per i molti dissidenti, da loro chiamati “eretici”, che sono stati mandati a morte, fra mille patimenti e torture. La chiesa, egli ha detto, deve essere dei martiri, non creare martiri. Giovanni Paolo II, quasi nelle stesse ore, annunciava un intervento di condanna di ogni forma di antisemitismo, non dimenticando di sottolineare le gravissime responsabilità cristiane e cattoliche nella diffusione di questo deprecabilissimo sentimento.

Solo parole? E come potrebbero essere, solo parole? Giovanni Paolo è il capo della cattolicità nel mondo; Ratzinger, come prefetto della Congregazione della dottrina e della fede, ricopre il ruolo che fu il vertice del Santo Uffizio, ovvero dell’organismo da cui dipendeva l’Inquisizione, ovvero il falso tribunale che condannò centinaia di innocenti ad indicibili tormenti.

A nessuno dei due, certamente, sfugge il fatto che i martiri, la chiesa, cominciò a farli, anziché accoglierli, quando più forte si fece la sua crisi morale e la sua disgregazione politica. Volle disperatamente difendere il senso del lascito di Pipino il Breve (il nucleo del patrimonium Petri ), ed il proprio potere temporale. Jan Huss, per il quale Giovanni Paolo ha già chiesto perdono, fu bruciato nel 1415, ben prima, quindi, del 154O, quando fu fondata la Compagnia di Gesù, e del 1542, data della costituzione dell’Inquisizione.

La chiesa, dunque, che era stata la casa dei martiri, cominciò a martirizzare gli altri per reagire, rabbiosamente, ai segni evidenti della propria decadenza spirituale, disfacimento morale, inconsistenza politica. Perché, dunque, oggi sente il bisogno di riaprire quel capitolo? Non aveva, in fondo, fino ad oggi giustificato e coperto tutto, roghi compresi? Nella risposta a queste domande sta l’importanza di ciò che Giovanni Paolo e Ratzinger stanno facendo, ed il perché ci riguarda tutti, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti.

Da una parte, si potrebbe osservare che se la chiesa si sporcò di sangue sospinta dal peso della propria crisi, oggi, all’opposto, si sente forte abbastanza da potere chiedere perdono e rinunciare per sempre a quell’attitudine sterminatoria. Penso che questo pesi, nell’orgogliosa azione di una chiesa che ha allargato i confini del proprio mondo ed ha ripreso l’opera di evangelizzazione.

Dall’altra, si deve osservare che proprio l’allargamento dei confini cattolici, l’attenzione rinnovata e fortissima per le nuove aree di sviluppo, il confronto, quindi, e la necessaria convivenza con culture diverse da quelle che avevano tradizionalmente ospitato l’espansione cattolica, sono tutti elementi che hanno neutralizzato l’aspirazione universale del cattolicesimo.

Giovanni Paolo si è molto impegnato nel creare le condizione per una convivenza di chiese diverse e, da ultimo, i funerali multi religiosi e multi etnici di Teresa di Calcutta sono stati l’incarnazione di questa necessità, che diviene realtà. A fronte di ciò, non solo i roghi divengono inutili, ma la loro stessa esistenza, sia pure nel passato, diviene dannosa. La chiesa, allora, chiede perdono perché sente che quel pezzo della propria identità è divenuto un ostacolo all’evangelizzazione. Furono, certo (e lo si chieda ai gesuiti), strumento di feroce evangelizzazione; ma sono divenuti ostacoli per la medesima.

Il mondo che si disegna, in questo modo, potendo (finalmente) archiviare i roghi, è un mondo di convivenza e tolleranza. Un mondo migliore, nel quale, però, si pongono due grossi problemi. Il primo è relativo al cattolicesimo : può, veramente, rinunciare all’aspirazione universale? I portatori di una verità rivelata possono, veramente, ammettere che molti non riconoscano, non accettino, addirittura combattano quella verità? Ed il secondo è relativo a ciò che consente la convivenza fra le diverse chiese, fra le diverse aspirazioni universali : se si afferma la migliore condizione del credente, pur in religioni diverse, sulla condizione del non credente, non si cade nella più classica definizione dell’Anticristo?

Infine, e questa è cosa che non riguarda l’azione della chiesa cattolica, le altre chiese si trovano in sintonia con questa rinuncia all’universalismo praticato, e talora armato?

Come si vede, non si può non avere il massimo rispetto per il travaglio profondo che muove i nuovi passi della chiesa di Roma; così come si deve seguirne l’evoluzione con l’attenzione che merita un evento storico, e di portata mondiale.

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