Idee e memoria

Il sangue dei finti

In tante polemiche vedo le miserie dei viventi, non l’onore dei morti. Costituzione e Patria sono tirate in ballo a sproposito, quali alibi per chi non ha il coraggio (e la stoffa) per affrontare la propria biografia. Non c’è, purtroppo, alcun revival di studi storici. Della vera, e durissima, guerra civile italiana non frega niente a nessuno, si preferisce cancellarla, come dimostra anche la sorte di un film, “Il sangue dei vinti” (tratto da un libro di Pansa), che nessuna sala o festival del cinema sovvenzionato, statalizzato e clientelare è stata fin qui disposta ad ospitare. Per cancellare meglio quella storia si preferisce buttarla sul patetico, biascicando riconoscimenti umani a chi fece scelte sbagliate. Il che potrebbe valere anche per qualche gerarca nazista, o più recente agente comunista.

Chi oggi parla lo fa di se stesso. Non preme la ricerca della verità storica, ma urge la giustificazione della propria vita, vissuta al servizio di falsi miti, siano essi quelli della retorica resistenziale o della Patria tradita. C’è gente che voleva il comunismo per completare la guerra di resistenza, laddove se così fossero andate le cose saremmo passati da una dittatura ad un’altra, di gran lunga peggiore. E ce n’è che ha sfilato a braccio e gamba tesi per arrivare, con sessanta anni di ritardo, a riconoscere che il regime si macchiò d’infamia. Per essere più credibili parlano di “male assoluto”, ma la storia ospita solo errori e violenza umani. Per nobilitarsi parlano di valori costituzionali, non cogliendo lo stridore istituzionale di farlo all’estero (a proposito: i ministri, secondo la Costituzione, li nomina il Presidente della Repubblica).
La guerra civile si placò con le prime elezioni repubblicane e la vittoria di un mondo politico nuovo, democratico. Sopravvisse il fossile dello scontro ideologico, alimentato da soldi e pressioni della guerra fredda. Quella storia, non digerita, trenta anni dopo ancora produceva morti, per mano terrorista. Quelli d’oggi sono rutti, frutto del sopore morale in cui molti sono vissuti. Le contorte vie della storia li porta, ora, a detenere il potere politico, cui non è annesso, però, quello di rendere coerente ed apprezzabile il loro passato. Quello personale, non quello dei “ragazzi di Salò”, quello dei vincitori, non quello dei vinti.

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