Idee e memoria

Il sesso dei diversi

Vorrei suggerire all’ottimo Daniele Capezzone di farsi i cavolacci suoi senza sentire il bisogno di tenerci informati. E se alla persona segnalo i pericoli e le insidie della sovraesposizione mediatica, talché si finisce con il credere che possano avere rilievo ed interesse pubblico l’attrazione per questo o quel tipo di braghe, al leader politico faccio notare la terribile contraddittorietà del risultato che si ottiene.

Ricordo che un incauto giornalista, volendo realizzare la solita intervista “fuori dagli schemi” (e non conosco genere più conformista e scontato di quello) con Tina Anselmi, le domandò: come mai lei non si è mai sposata? La grande Tina lo incenerì: ad un uomo non avrebbe mai fatto questa domanda. Aveva perfettamente ragione. E rispondendo in quel modo diceva due cose: a. se mi sposo o no sono affari miei, per nulla rilevanti nella vita politica; b. lo si chiede ad una donna perché si ritiene “innaturale” che ella non s’accasi, con ciò stesso ponendo una questione che oggi definiamo sessista.

Ebbene, a nessuno importa un fico secco se il signor Tal dei Tali, sia pure assurto al non esclusivo ruolo di deputato, dichiara di sentirsi attratto dalle femmine, né che alla signora Pinca Pallina, magari temporaneamente ministro, piacciano i maschi. Se lo dicono fanno la figura degli scemi. Allora, perché è rilevante che ad un maschio piaccia un maschio, ad una femmina piaccia una femmina, o, per non creare disparità e non lasciare scontenti in giro, che a tutti piacciano tutti? Semplice: perché quello non è considerato un comportamento normale. Il che significa, però, che tutte queste imbarazzanti dichiarazioni circa il foro prediletto servono a sottolineare un diversità. E questo è l’esatto contrario di quel che si vorrebbe dire, ovvero che non ci sono comportamenti “diversi” e che tutto è naturale. Se lo fosse, appunto, non se ne parlerebbe. Se lo ritenessero normale, neanche i diretti interessati ne parlerebbero.

E la via del paradosso prosegue. Se un presunto “normale” (fatemi la grazia, vi prego, di non dover argomentare circa l’inesistenza della normalità) si mette a parlare di sesso, magari al modo di Leporello, lo si etichetta al volo come un assatanato, o un gradasso, o direttamente un demente. Perché mai si usa un altro metro laddove s’informa il volgo circa il raddoppio delle possibilità? Ancora una volta: perché quella è una condizione “diversa”. E ci risiamo.

Morale (si fa per dire) della faccenda: la trasparenza è una bella cosa, le mutande trasparenti un’altra. Aprite la mente, se ne siete capaci, ma chiudete la patta. Grazie.

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