Come tutte le discussioni scombiccherate e irrazionali, anche quella sulla pillola abortiva rischia di non finire mai. Il problema specifico è considerato un fastidioso dettaglio, giacché le opposte fazioni preferiscono azzuffarsi su presunti principi, salvo il fatto che, nella concitazione, si scambiano le parti: così gli antiabortisti reclamano il rispetto della legge che disciplina l’aborto, e gli abortisti vorrebbero aggirarla. Tutti, non avendo il coraggio delle proprie opinioni, affermano di non volere cambiare la legge. Ma, allora, su che litigano? Quella pillola, invece, potrebbe essere l’occasione per ripensare le norme, o, quanto meno, l’atteggiamento pubblico nei confronti dell’aborto.
Sono contrario, da laico, all’aborto e favorevole alla diffusione dei sistemi anticoncezionali. Capisco quanti, per ragioni di fede, avversano gli anticoncezionali, ma credo sia un’estrema minoranza, visto che la gran parte di coloro che si dicono fedeli praticano la sessualità non destinata alla procreazione (per non parlare delle rappresentanze politiche del mondo cattolico, che praticano di tutto, con chi sia disponibile e con volenterosa fantasia). L’aborto resta una brutta cosa, l’interruzione volontaria (qui non si parla di quelli terapeutici) di un processo naturale e positivo, vitale. Non riesco a immaginare come si possa considerare positivamente l’aborto in sé. Detto ciò, è giusto che sia consentito e regolamentato.
La Ru486 non è un anticoncezionale, ma un modo chimico per abortire. Il fatto che non si aspiri o non si raschi non significa che sia una passeggiata, ma, dal punto di vista farmacologico, la pillola è in circolazione da molti anni e non ha alcun bisogno d’essere ulteriormente testata: serve ad abortire, e in tal senso funziona. Una volta introdotta nella farmacopea non può essere negata, posto che, proprio perché si tratta di un aborto, deve essere accertato il rispetto della legge: che la gravidanza esista e che non abbia superato le sette settimane. La legge, però, è stata concepita per i vecchi sistemi, meccanici (che ancora funzionano) e presuppone il ricovero e l’assistenza medica. Con la pillola non servono, essendo sufficiente controllare, dopo un giorno, che abbia fatto effetto, salvo reiterare la somministrazione. La bella pensata degli antiabortisti è stata questa: non cambiamo la legge, ma applichiamola alla lettera, costringendo le donne al ricovero. Ma che risultato pensano di ottenere? Probabilmente spingeranno qualcuna ad usare sistemi non chimici, comunque dovranno cedere davanti alle dimissioni sotto responsabilità dell’interessata, avendo, nel frattempo, avviato un macabro federalismo abortivo, incarnazione della dabbenaggine politica.
A fronte di questi errori, il fronte abortista non ci fa mancare i propri, descrivendo quella pillola come una sorta di liberatrice del mondo femminile dalla schiavitù del corpo. Laddove non si tratta affatto di schiavitù, ma di natura, cui, per giunta, tutti dobbiamo il privilegio d’essere qui a parlarne. In quel nome, “pillola”, è contenuto un clamoroso equivoco, accostando all’anticoncezionale quel che non lo è manco per niente.
Tutto questo mi sembra pazzoide, come lo è il fatto che si abortisce a spese della collettività, ma si pagano di tasca propria gli anticoncezionali. La legge 194 stabilisce che si possa abortire solo in strutture pubbliche e senza pagare. Come se la gravidanza fosse una malattia, infettiva per giunta. Allora, anziché animare un siparietto poco commendevole, suggerirei agli antiabortisti di leggere la riforma sanitaria voluta da Barak Obama, nella quale si esclude che gli aborti possano essere a carico del servizio sanitario, o che lo Stato debba obbligare le assicurazioni a coprire quei costi. E’ una libera scelta avere rapporti sessuali, è una libera scelta non cautelarsi, è una libera scelta, eventualmente, abortire, non c’è alcun danno sociale (anzi) se la gravidanza va avanti e, pertanto, chi vuol abortire paga le spese. Mi sembra una linea assai più seria e dignitosa del giochicchiare con i codicilli e i ricoveri, per giunta aumentando la spesa pubblica.
Dall’altra parte, parimenti, anziché iscrivere sulla bandiera delle libertà un farmaco che serve a fermare la vita, ci si metta quel che serve a rendere libera la sessualità, ovvero gli anticoncezionali. Su quel fronte avrebbe un senso la spesa pubblica, e mi sembra più razionale andare incontro alle necessità di tutti favorendo la diffusione di quelli, piuttosto che sentirsi progressisti perché si consente ai più poveri e ai più ignoranti d’ingollare pillole abortive in continuazione e gratis.