Non so se sia possibile, ma provo a ragionare sull’aborto. Diamoci, tutti, una calmata. La legge regolamenta e non proibisce l’aborto. E’ giusto, ma l’aborto non è mai un diritto civile, è sempre un dramma. Lo penso da laico, senza ricorrere al valore sacro della vita o al suo mistero.
Le nostre conoscenze ci dicono che la promessa di vita è presente fin dal momento del concepimento, e tutti sappiamo che il bambino esiste (e gli si parla) ben prima del parto. La legge consente l’aborto volontario entro i novanta giorni, quando la formazione dell’essere si è già spinta avanti. Ci si dovrebbe ragionare. Dopo quel termine valgono solo le ragioni terapeutiche, naturalmente opinabili, perché la scienza non è una fede e non possiede verità.
Da quando la legge sull’aborto fu approvata le interruzioni volontarie sono diminuite di circa la metà, compreso il fatto che cresce il numero di donne immigrate che abortiscono. Il messaggio è chiaro: educazione e consapevolezza sessuale, con l’uso avveduto degli anticoncezionali, diminuiscono le gravidanze non desiderate. Questa è la via maestra, giacché l’aborto come anticoncezionale tardivo è ripugnante. Ove la fede impedisca gli anticoncezionali, è evidente che le gravidanze saranno condotte a lieto fine. Nella coscienza di ciascuno resterà l’ombra di quegli aborti volontari, che la legge, saggiamente, limita e non proibisce. Perché, allora, ci si scalda tanto? Perché avevamo negato quell’ombra ed avevamo raccontato la favola brutta dell’aborto come conquista femminile, annettendo valore “liberatorio” ad un dramma. Tutto questo, oggi, stride. Ci avvediamo delle esagerazioni. Ma viviamo anche in un mondo in cui altrove si difende la famiglia monogamica a colpi di sassate per ammazzare le adultere, in cui il dominio sul corpo della femmina è ancora l’identità culturale di maschi accecati, in cui il dettame religioso è legge di vita, e di morte.
Il nostro pendolo morale oscilla. Prendiamo coscienza del risvolto di alcune medaglie, e va bene che il privato non è più politico, ma neanche può essere dissolutezza senza etica. L’accorgerci dei drammi, il cercare di dominarli senza pensare di affermare la perfezione in terra, cerare rimedi e non verità, è, però, esattamente la nostra cifra, il nostro vantaggio e patrimonio occidentale.