Idee e memoria

Le boiate di David Lane

Vabbe’, lo ammetto: sono un gonzo. Ma sì, non si deve essere misericordiosi con sé stessi. Almeno, dagli errori commessi, si cerchi d’imparar qualche cosa. Leggendo il libro di David Lane ho subito la stessa nausea che si prova in albergo, quando ci si mette, la sera, da soli, davanti al televisore, stesi sul letto, ed alle tre di notte ci si scopre stanchi, incavolati, e senza che si sia visto assolutamente nulla. O, meglio, una serie di boiate. Che sono niente, rispetto alle boiate che scrive Lane.

Non tutti sono gonzi (come me), quindi in parecchi si risparmieranno la lettura de “L’ombra del potere”, che dalla copertina strizza l’occhio al provincialismo italico, annunciando che l’autore è corrispondente dell’Economist. In realtà vive in Italia da trenta anni, ma ha dimostrato solida tempra nel non capirci un accidente. Fornisco un cauto assaggio, utilizzando solo tre delle quattrocento pagine.

Si parla di televisioni e, naturalmente, di quel signore in combutta con corrotti, mafiosi e stragisti che risponde al nome di Silvio Berlusconi. Correva l’anno 1984 e, secondo l’autore, Bettino Craxi “costrinse il Parlamento” a votare un decreto che salvava l’amico e sodale. Vorrei leggere, su L’Economist, l’articolo ove il buon Lane spiega come fa, ogni anno, il premier inglese a “costringere il Parlamento” a votargli la legge di bilancio. Non lo leggerò mai, ovviamente, perché è una boiata. Difatti, in trenta anni ci avrà fatto caso, l’Italia è una democrazia e più di un governo è caduto proprio perché il Parlamento ha ritenuto di non votarne i decreti. Non c’è mai stata alcuna forma di costrizione.

A questo si aggiunga che quel decreto si opponeva, in modo sacrosanto, all’idea che alcuni “pretori d’assalto” (già il nome non induce alla serenità) potessero stabilire come si gestisce l’informazione in Italia. E non si dimentichi che quel decreto non solo restituì operatività alle televisioni di Berlusconi, ma consegnò la Rai al democristiano Agnes.

Quattro anni dopo, scrive il nostro, “la corte costituzionale entrò in azione, anche se in maniera debole ed incoerente”. Al che occorerebbe avvertirlo che l’Italia è una Repubblica e, nel caso, non sarebbe lui il re, dal che ne deriva che quando scrive di queste scempiaggini dovrebbe avere la cortesia di illustrare al lettore in cosa consista la debolezza e l’incoerenza. Ma poco oltre il mistero si svela: “la corte costituzionale aveva avvisato che avrebbe provveduto essa stessa a fissare le regole se il Parlamento non avesse approvato una legge prima della pausa estiva”. Ora è chiaro: Lane non sa cosa sia la Corte Costituzionale, non possiede neanche i rudimenti del diritto.

Si arriva al 1990 e, naturalmente, alla legge Mammì. E si leggono le solite menate scopiazzate, compresa la bufala che la sinistra democristiana ritirò i suoi ministri per una sorta di rivolta morale. Allora ripetiamolo ancora una volta: a. i ministri democristiani si dimisero sul fondamentale tema dell’interruzione pubblicitaria del film; b. la sinistra democristiana, per il tramite di Bodrato, partecipò fino alla fine alle trattative sul testo di legge, condividendone i contenuti e votandola in Parlamento; c. la legge non sarebbe mai passata se i comunisti avessero fatto l’opposizione, cosa che non fecero, perché proprio quella legge salvò Repubblica dall’assalto berlusconiano. Se Lane facesse il giornalista, di quella razza mitica ed anglosassone che cerca riscontri alle cose che scrive, potrebbe agevolmente verificare.

Naturalmente non manca lo sfondo giudiziario, le inchieste della magistratura, il coinvolgimento del “collaboratore di Mammì”, che sarei io. Ma Lane non cita il nome, perché sa che se ci prova si becca una querela. Allora, ascolti. Quereli me, perché sto per dargli dell’imbroglione. Il nostro imbrogliacarte, difatti, dice che si avviarono delle inchieste sulla legge tv, e scrive che “il caso finì nel nulla”. Invece il caso finì con l’assoluzione in udienza preliminare, “perché il fatto non sussiste”. L’accusa ha fatto ricorso in appello e Cassazione, ed ha sempre avuto torto. Così come ha torto il nostro imbroglioncello sparaboiate.

Il principe consorte, Filippo, duca di Edimburgo, si complimentò con gli istruttori di guida scozzesi, impegnati nel duro compito di insegnare qualcosa ad allievi che, dopo una certa ora, consumano più alcool che benzina. Chissà se Lane ha preso la patente?

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