Idee e memoria

Le manifestazioni dei cinesi

I cinesi di Milano manifesteranno per difendere quelli che considerano loro diritti violati. Possono farlo, perché il nostro è un Paese libero, e li ascolteremo con rispetto. Una cosa, però, speriamo di non sentirla, vale a dire un quale che sia riferimento al razzismo.

In Italia ci sono molti cinesi e migliaia di ristoranti cinesi. Alcuni di ottimo livello, altri, com’è naturale, più commerciali. Non s’è mai verificato nessun episodio di razzismo e se qualche cinese risulta antipatico a qualche italiano tenga presente che anche fra italiani ci si scambia sentimenti simili. Non c’è, insomma, nessun diffuso sentimento razzista. E se c’è va condannato. Ma per i cinesi in Italia vale quello che vale anche per gli italiani che risiedono sul suolo patrio: le leggi si rispettano. Ci sono orari per il carico e lo scarico delle merci, ci sono norme igieniche, ce ne sono per la vita delle società, per il commercio, per la vita dei singoli. Vanno rispettati. Una vecchia barzelletta racconta del fastidio provato da un cliente perché al bar voleva leggere il giornale senza consumare nulla: allora ce l’avete con noi genovesi! E si riferiva alla proverbiale tirchieria. Ma era, appunto, una barzelletta.
Non vorrei che qualche cinese in Italia abbia pensato che il capitalismo sia simile a quella cosa che si vede in Cina: libero mercato senza libertà politica, il che significa sopraffazione del più forte verso il più debole. No, da noi la libertà di mercato è cresciuta assieme alle altre libertà, assieme agli altri doveri, e non intendiamo cambiare. Anzi, ci piacerebbe che i cinesi che fanno fortuna in Italia (e speriamo siano tanti) lo spieghino ai connazionali.
Si potrà obiettare che alcune zone d’Italia sembrano essere immuni dal rispetto delle regole e dalla sovranità della legge. E’ vero, ed è una brutta cosa che condanna quelle popolazioni ad un mercato selvaggio, delinquenziale, per sua natura ingiusto. L’impegno deve essere quello di far valere la legge ovunque, e non quello di derogare ulteriormente.
In occasione di una prima esplosione di violenza, a Milano, abbiamo visto sventolare le bandiere cinesi. Abbiamo poi ascoltato le parole dei diplomatici di quel Paese, ed abbiamo letto qualche sproposito pubblicato dai loro quotidiani. Se quelle bandiere sventolano per ricordare la propria origine nazionale, ed anche per rivendicarne l’orgoglio, che continuino a sventolare. Se sventolano, invece, per indicarci un modello politico, allora le ripongano, perché in Italia non ci sono e non ci saranno laogai (campi di concentramento), non ci saranno processi sommari, non ci saranno esecuzioni pubbliche, non ci sarà uno Stato dittatoriale e non ci sarà la repressione etnica. Abbiamo tanti difetti, noi italiani, non ci risparmiamo nello scriverne e non ci stanchiamo di denunciarli, ma il nostro è un Paese civile. Dalla Cina no, su questo non prendiamo alcun esempio, anche perché ricordiamo a molti cinesi residenti in Italia che moltissimi loro connazionali venirono da noi, come in altre parti del libero Occidente, per sfuggire alla persecuzione delle autorità cinesi.

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