Idee e memoria

Limmoralità del moralismo castrista

Chi conosce Pedro Juan Gutiérrez conosce anche Pedro Juan, il suo alter ego semi autobiografico protagonista di tante storie, giornalista squattrinato ed avanero che può accettare di pagare il prezzo del dissenso, o anche solo della diversità, ma non quello di lasciare Cuba e la sua città l’Avana. In lui la “cubanità” è l’essenza stessa della vita e delle pagine che scrive.

Ne “Il nido del serpente” (Edizioni e/o) Pedro Juan lo ritroviamo agli esordi, giovane bianco che s’innamora della cultura negra, che ne condivide la povertà ma è consapevole che la sua pelle lo pone già un gradino al di sopra. Ragazzo che impara a ballare ai ritmi africani, che scopre la religione animista che a Cuba si mescola ad un cattolicesimo di cui assorbe le apparenze.
Questa volta il viaggio nella realtà isolana parte da lontano, ricostruisce la realtà di prima della rivoluzione non risparmiando nulla della corruzione che accompagnava il regime di Batista, ma anche abbozzando figure di uomini e donne che riescono ad emergere dalla miseria, che riescono ad avviare commerci di successo, dando colori forti alla vita culturale dell’epoca, ai protagonisti di un mondo che poi dovrà relegarsi alla periferia della città e della legalità. Già, perché la rivoluzione porta con sé il declamare di una ritrovata parità, di una rinovellata speranza nell’avvenire, ma anche la pratica di un moralismo totalitario che più distante non si potrebbe immaginare dalla natura dei cubani, o, almeno, di quelli che piacciono a Pedro Juan.
La sua voglia di immergersi nella sensualità trasgressiva, nella sessualità estrema, nella ricerca culturale libera fanno a cazzotti con i canoni della rivoluzione, divengono altrettanti viaggi nel dissenso, mezzi di trasporto che lo allontanano dall’ipocrisia rivoluzionaria, ma anche lenti chiare che gli mostrano non solo il risorgere immediato delle differenze e delle classi, ma il risorgere della povertà laddove aveva preso piede un’agiatezza presto definita come controrivoluzionaria.
Se si vorrà parlare di libri, se si vorrà leggerli, se si vorrà parlare di musica ed ascoltarla, si dovrà entrare nel mondo che gli altri, che la Cuba ufficiale, giudicherà deviante. Ed è da questo mondo che arrivano protagonisti affascinanti e coinvolgenti, la cui irregolarità sarà politica, culturale, sessuale. Umana. Se si vuol capire la natura prepolitica e preideologica della frattura fra la dittatura castrista e la realtà cubana i libri di Gutiérrez, che alla politica non concedono nulla (forse anche perché non gli è concesso), spiegano assai più di ponderosi tomi a cavallo fra storia ed economia. E più di ogni altra cosa spiegano quanto possa essere immorale il moralismo di regime.

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