Idee e memoria

Muccioli e la resa

Vincenzo Muccioli ci manca da venti anni. Non è solo una questione affettiva. Quelle son cose che non si superano, ma si elaborano. La mancanza è più profonda e generale, avendo a che vedere con un impoverimento dell’Italia.

Il terreno che Muccioli scelse fu quello della droga. E San Patrignano è ancora lì, passata da alterne, non sempre felici vicende, forte di come lui la pensò, volle e realizzò. Ma la droga fu un elemento incidentale, dovuto al fatto che, in piazza, a Rimini, trovava ragazzi sfasciati, sul crinale fra la non vita e la morte, con troppi che cadevano dall’altra parte, nel fiore di anni non vissuti. Lui non si occupava dei drogati, ma delle persone. In quel caso drogati (ma anche alcolizzati o ad altro titolo emarginati). Il suo avversario non era una sostanza stupefacente, ma l’egoismo, la fuga dalle responsabilità, il divorzio consumatosi fra teoria dei diritti e pratica dei doveri. Per capire in che condizione si trovava l’Italia basterà pensare che, per il solo suo volere essere un buon padre, fu automaticamente etichettato come padrone. Gli saltarono al collo da ogni parte. Lo avevano in uggia quanti credevano d’essere monopolisti della carità. Lo detestavano i presunti libertari, affezionatissimi ai propri privilegi e tragicamente disinteressati alle vite altrui. Fu passato e ripassato nel tritacarne della giustizia, al punto da restare nella memoria collettiva un’accusa (quella di avere incatenato delle persone) da cui era stato assolto. Tutto fu fatto, pur di disonorare il giusto.

Perché tanto livore e tanta determinazione? Perché lui era la dimostrazione vivente che si poteva fare quel che gli altri non avevano intenzione, o non erano capaci di fare. Era la dimostrazione che l’autoritarismo non aveva nulla a che fare con l’autorevolezza e che senza quella, senza il buon esempio personale, non poteva esistere educazione. Aggredire e provare a distruggere Muccioli non liberava i figli dalla personalità dei genitori, ma liberava taluni genitori senza personalità dai doveri che avevano (e hanno) verso i figli. Non è che un figlio drogato sia una colpa della famiglia, ma comunque il segno che quel ragazzo è scivolato senza trovare, in sé e in quel che aveva avuto, il freno per fermarsi. Lo avevano blandito, gli avevano fatto intendere che “farsi” e “liberarsi” potessero essere sinonimi, avevano decantato una cultura senza cultura, ne avevano assecondato i vizi per coprire l’essere viziati. Poi lo avevano abbandonato. Taluni per vigliaccheria e cinismo, altri per disperazione e incapacità.

Oggi, su troppi giornali, abbiamo potuto leggere di una ragazza uccisa dall’ “ecstasy cattiva”. Come se esistesse quella buona. Leggiamo di ragazzi che crepano in discoteca e genitori che vogliono sapere “chi gliela ha data”. Forse avrebbero dovuto chiedersi perché la prendeva. La droga che oggi corre e arricchisce i mercati di schiavitù non è più, neanche nella finzione retorica, viaggio di liberazione, ma pulsione di consumo. E, pur esistendo comunità e operatori che fanno con onore il proprio dovere, attorno al problema si vedono contrapposizioni politiciste, ma non più l’agitarsi di visioni diverse. Impossibile dire cosa oggi farebbe Muccioli, ma in cuor mio (dove l’ho conservato) penso che si scaglierebbe contro questa resa, di cui le pasticche e il rincoglionimento ballerino sono solo un sintomo. E neanche il più devastante. Non avviene, non si muovono i sentimenti dell’Italia di allora. Da una parte è un bene, forse. Ma a me risulta difficile accettare l’altra parte, quella più insidiosa: l’avere accettato che si possa scivolare. Tutti insieme.

Vincenzo Muccioli diceva che settembre è il mese che gli aveva cambiato la vita, quello in cui erano nati i suoi due figli. E’ anche quello in cui ci ha lasciati. Mai e poi mai avrebbe accettato l’idea che l’autunno sia una sorte e non una stagione. Pensando a lui penso alla primavera e alla forza che si dimostra sapendo che, a ogni età, ci si deve preparare a crescere. Rinunciare a farlo significa rinunciare a vivere.

Pubblicato da Libero

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