Idee e memoria

Nord e Sud

Il Sud ha un interesse vitale a restare agganciato all’Europa, altrimenti è destinato a scivolare verso il caos e la povertà del continente sottostante. Non può farlo senza il Nord. Il Nord ha un interesse non meno vitale ad accrescere il proprio peso nel Mediterraneo, bilanciando il vantaggio commerciale e culturale di altri europei nei confronti dell’est, o delle ex colonie africane. Non può farlo senza il Sud. Se guardiamo ai conflitti inforcando i soli occhiali delle convenienze immediate e locali, rischiamo veramente di dilaniare l’Italia, senza che nessuno ne tragga reale vantaggio.

Il nostro meridione si sviluppa meno del settentrione, ma questo accade in un’Italia che si sviluppa meno dei concorrenti europei. Le università con sede nel meridione sono mediamente peggiori di quelle con sede al nord, ma quelle italiane sono tragicamente in fondo alla classifica internazionale. C’è un nesso stretto fra l’azzopparsi della corsa italiana e lo sciancarsi della marcia meridionale, e chi crede che liberarsi di un pezzo d’Italia sia utile a prendere velocità illude se stesso, o non sa far di conto. Chi ritiene che la meridionalità sia una specie di marchio d’inferiore qualità, o d’autoctona particolarità, dimentica molte pagine di storia. Ne pesco solo due, recentissime: nella guerra contro la mafia il Sud può vantare un uomo come Giovanni Falcone, mentre il Nord ha schierato e dato potere a Luciano Violante, che lo ha usato contro Falcone; e la trama intera della finanza che ha retto lo sviluppo industriale del Nord ha un regista meridionale, Enrico Cuccia. Ma, lo dico a me stesso, non è questo un buon modo di procedere. Guardiamo alla sostanza più cruda.
I meridionali hanno responsabilità enormi, per il protrarsi oltre il tempo massimo dell’immutata “questione meridionale”. L’ho scritto e lo ripeto, da meridionale. Il ricorrente atteggiarsi a plebe piatente è umiliante e repellente. La mancata ribellione è una colpa. Non la si capisce appieno, però, non se ne comprende la natura e si sdrucciola in un antropologismo d’accatto, se non si considera il ruolo corruttivo svolto dalla spesa pubblica, per sua natura amministrata dai governi nazionali. Con quella s’è ripetutamente comprato il consenso elettorale del Sud, estendendo sempre di più l’economia assistita e le famiglie che campano di trasferimenti pubblici. Con quel consenso s’è sostenuta una politica industriale e sociale a tutto vantaggio del Nord. Esempio: in tempi di crisi gli ammortizzatori sociali pompano denaro verso la cassa integrazione, quindi verso il Nord. Fare industria al Sud, del resto, è assai più difficile che al Nord, perché in tutti e due i casi lo Stato è pesantemente presente nell’imporre costi e procedure, ma nel Sud è latitante quando si tratta di garantire il rispetto della legge ed assicurare sicurezza. Gli investimenti infrastrutturali sono fermi da anni, ma ne risente di più chi è maggiormente distante dai consumatori finali. Tollerando l’economia sommersa, inoltre, al Nord si recuperano margini di competitività, cancellando lo svantaggio di un fisco troppo esoso, ma al Sud si consegnano spazi di sovranità, perché si consente alla criminalità il controllo che sfugge allo Stato.
Sarebbe bello credere che tutto questo sia riconducibile al colore delle maggioranze politiche, talché basterebbe cambiarle per rompere l’incantesimo. Ma mi spiegate la differenza fra Gava e Bassolino? Ed il dissesto dei conti sanitari se ne frega delle tifoserie, avanzando indistintamente. Ciò avviene perché in un’economia chiusa ed in un sistema assistenziale il potere si conquista amministrando privilegi, diseconomie e favori. Se ti opponi perdi, ed il vincitore torna a fare quel che fece il predecessore. Ripeto: è colpevole il non avere rotto questo schema. Ma a qualcuno risulta siano diversi, gli elettori trentini?
Al Sud è cresciuto a dismisura il bubbone tumorale della spesa pubblica improduttiva. Al punto che sono convinto sia conveniente fermarla, per asfissiare la metastasi. Non si tratta, però, di un problema esclusivamente meridionale, perché, in definitiva, il Sud ha bisogno delle stesse cose che urgono in tutta la penisola, isole comprese: più mercato in economia, più Stato nel far rispettare le regole, più merito, più competizione, più premi ai meritevoli. La rivoluzione necessaria è la medesima, e sarà difficile farla gli uni contro gli altri, lasciando pascolare i profittatori. Equidistribuiti sul territorio nazionale.

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