Pierluigi Bersani, come gli altri due candidati, sconfitti, alla segreteria del Partito Democratico, è favorevole a dare il voto agli immigrati. Da destra, prima ancora, era giunta la proposta d’insegnare a scuola la religione islamica. Quanto c’è di calcolo politico, e quanto di brado luogomunismo, in questa concorrenza sugli immigrati?
L’ora di religione islamica è una impercorribile sciocchezza. Contiene errori di sintassi politica e di grammatica culturale. Ma è anche rivelatrice, accompagnando il pubblico arrovellarsi sul diritto di voto. La nostra classe dirigente, che non convive con gli immigrati, che, al più, se ne serve per le faccende domestiche, è convinta che tutto ruoti attorno al tema dell’integrazione: se un immigrato è integrato, per ciò stesso è neutralizzato ogni pericolo, ogni devianza. Troppo facile e, al tempo stesso, troppo fuori dalla realtà.
L’idea di mettere qualche imam in cattedra è priva di ragionevolezza. Disporre della “propria” ora di religione sarebbe, in uno schema di quel tipo, un diritto individuale, pertanto da soddisfare anche se si tratta di un solo studente. C’è qualcuno che ha idea dei costi? Naturalmente da mettere in conto alla collettività. Se lo si garantisce ai mussulmani, quel diritto, si deve riconoscerlo anche agli altri, almeno a tutti quelli le cui confessioni hanno relazioni con lo Stato, e ti voglio vedere a negarlo agli altri. C’è qualcuno che ha idea dello sconquasso? E se anche fossimo ricchi sfondanti, con un sopravanzo di guide religiose sparse per l’Italia, pronte a soddisfare la sete di conoscenza dei fedeli, comunque quello resterebbe un tragico errore, perché la scuola serve ad impartire lezioni di cultura, non di fede, serve a saper far di conto, a saper leggere e capire, non a propiziare il proselitismo religioso.
Un bambino che va a scuola e che chiede di avere una lezione di islamismo, anziché di protestantesimo, da dove ha tratto la convinzione che quella sia la sua religione? Dalla famiglia, è ovvio. La libertà di culto prevede che i figli possano essere allevati nella fede dei padri, e lascia liberi i figli di abbandonare sia i padri che la loro fede. Perché la scuola dovrebbe mettersi in mezzo, classificando in pagella l’abilità bovina si seguire il solco familiare?
C’è, però, l’ora di religione, obietta taluno, intendendosi per tale quella cattolica. Obiezione non accolta: qui casca l’asino. Prima di tutto perché a quell’ora lo studente ha il diritto di rinunciare, mentre diverso sarebbe se in quell’ora si consolidassero le appartenenze etniche. Secondo, poi, perché essendo l’Italia un Paese che prima si definiva tutto cattolico, e che oggi si ritiene a maggioranza cattolico, quella è vissuta come una normalità, non come un’identità. L’ora di religione è, nella grande parte dei casi, l’ora in cui ci si rilassa, non si fa nulla, se proprio va bene si parla liberamente, ove la sorte t’abbia mandato un insegnante all’altezza. Lo dico da laico: trovo fastidioso che si avviino ai sacramenti giovinetti che dei suddetti non sanno niente, a dimostrazione che, in quelle ore, divagavano per l’aere. Tutto questo è, anche, un prodotto dell’evoluzione, della secolarizzazione, della sana e benedetta assenza di fondamentalismo. Provate a mettere in concorrenza le religioni, e ne vedrete di pessime.
E perché, poi? Perché così l’immigrato si integra, e diventa buono. Quell’individuo che si è fatto saltare in aria, a Milano, fortunatamente arrecando danno a se stesso, e non agli altri, aveva una casa, una famiglia, un frigorifero pieno. Aveva anche la moschea. Che cavolo ci vuole di più, per essere integrati? Gli immigrati che vivono e lavorano onestamente sono moltissimi, anche avendo meno di quel che aveva quest’invasato, nemico della civiltà. Quindi, i ragionatori dell’integrazione, del diamogli il voto così diventano parte di noi, sono fuori strada.
Agli immigrati deve essere assicurata una vita nella legalità, la reciprocità del rispetto, la non discriminazione razziale o religiosa. Per riguardo loro, ma anche di noi stessi. Agli immigrati onesti deve essere assicurato che quelli disonesti, quelli pazzi e quelli fondamentalisti vadano in galera. Per rispetto di chi viene a lavorare, e per la sicurezza di tutti. Alla cittadinanza, successivamente, sono legati i diritti politici, mentre alla semplice permanenza è connesso il dovere di rispettare le leggi, che prevedono anche la tutela dei diritti. La devianza e la violenza non sono dei derivati del disagio istituzionale, è ora di finirla con questo sociologismo un tanto al chilo. Le persone cattive esistono, non solo nelle favole, ce ne sono di bianche, rosse e gialle, di cattoliche, mussulmane ed ebree. Non le si blandisce facendo loro odorare la scheda elettorale, o assicurando ai loro figli la continuazione, a spese dello Stato, della tradizione familiare. Li si prende e li si punisce. Se stranieri, e se non hanno commesso reati troppo gravi, li si butta fuori e li si spedisce al loro Paese.