Idee e memoria

Parlando di puttane, con Tatafiore

Si può parlare del problema della prostituzione senza che sia solo ed esclusivamente una questione d’ordine pubblico? E si può farlo senza scadere nel volgare o nel moralistico?

Ci si può provare, anche approfittando di una Roberta Tatafiore in gran forma, incapace di perdere i piaceri dell’ironia e dell’indignazione. Roberta ha lungamente lavorato a Noidonne, periodico femminista, ed ha diretto Lucciola, che era l’organo del Comitato per i diritti delle prostitute. Ha pubblicato, con Saggiatore, Sesso al lavoro, da prostitute a sexworkers, miti e realtà dell’eros commerciale; e, per Frontiere, Uomini di piacere e donne che li comprano. “Ne ho viste e conosciute di tutti i colori, in senso letterale”. Adesso, per i tipi di Leonardo Facco Editore, si trova in libreria un lavoro di Wendy McElroy, Le gambe della libertà, che Tatafiore è stata incaricata di prefare. Le domandiamo se si è occupata solo di sesso e prostituzione: “Neanche per idea, come giornalista e come cittadina mi sono occupata di molte altre cose, e, tanto per essere chiari, non ho nessuna fissazione né tara da smaltire. Se prendi la cosiddetta stampa femminile scopri che è piena di sesso, parlato e fotografato, di donne che si rivolgono a questa o quell’interlocutrice per parlare di se stesse e dei propri problemi. Io ho solo preferito osservare più da vicino un mondo che l’universo femminile, e quello femminista in particolare, ha negletto. E ne ho parlato molto perché ho dovuto fare fronte all’ipocrisia collettiva”.

Che significa? “Nel senso che non volendo invitare le prostitute a parlare dei loro problemi, a manifestarsi come realtà parlante (perché la prostituta parlante è vissuta come un pericolo), invitavano me”. L’anello di congiunzione. “In un certo senso si”. Bel ruolo. “Lo puoi ben dire, anche perché così ho scoperto il lato oscuro del femminismo”. Che sarebbe? “Che sarebbe quello che da una parte proclama che il corpo è mio e me lo gestisco io, e, dall’altra, non accetta che ci sia chi decide di venderlo in cambio di altre utilità”. Non lo accetta per motivi politici? “No, sta attento”.

“Intanto vi è un problema generale che riguarda le donne, intese come insieme e fatte salve le pur numerose eccezioni, le quali si rivolgono alle mercenarie come a delle rivali. E, guarda, la storia e la letteratura ci consegnano anche episodi in cui gruppi di prostitute vanno a prendersi giuoco delle donne ?regolari’, quindi un certo tasso di sfida e rivalità è condiviso da ambo le parti. Ho visto, per esempio, di recente un noto prelato, che tanto si dedica alla redenzione di queste ragazze, sostenere che uno dei motivi per cui fiorisce il sesso a pagamento sarebbe la presunta frigidità (magari maturata nel tempo e con la noia) delle mogli. Non mi soffermo sulla tesi, ma noto che molte prostitute la fanno propria”. Perché? “Perché da loro un ruolo socialmente positivo, o, se si preferisce, positivo ai loro stessi occhi. Ed è quindi naturale che non vengano particolarmente apprezzate dalle altre donne”. Su questo punto torneremo, ma mi dicevi delle femministe.

“Si, le femministe sono un capitolo a parte, e vi sono varie coloriture. Intanto ci sono quelle che, puramente e semplicemente, rifiutano l’esistenza del maschile. Il maschio è l’oppressore, il negatore dell’identità, va avversato e non certo soddisfatto. Poi ci sono le politicizzate, che rifiutano la mercificazione e, quindi, la negoziabilità del sesso. Infine le statalizzate, quelle che portano il femminismo nelle istituzioni e che, pretendendo di tutto regolare, si rivolgono alla prostituzione come ad un fenomeno da reprimere o, quanto meno, limitare e disciplinare. Tutti questi modi di pensare sono all’esatto opposto di quello che trovi fra le prostitute”. Bel quadretto! “E che vuoi, un volemose bene interno al mondo femminile sarebbe antistorico (perché la storia è conflitto), ed anche antifemminile. Se è questo che cercavi, hai sbagliato tutto”. No, per carità, solo che si commette sempre l’errore di considerare omogenei gli universi che non si conoscono bene. “Hai ragione, è un errore”.

Hai dedicato un libro agli uomini di piacere, ai prostituti ? “Esistono, sai?”. Si, lo so, leggo anch’io gli annunci sui giornali, ma la cosa non mi convince. “E perché? Il sesso comperato è uno scambio di potere economico contro prestazione sessuale. Che lo usino anche le donne non cambia molto la questione”. Continua a non convincermi. “Ti impressiona, ti imbarazza?” Ma no, però non mi convince, mi spiego: la prostituzione femminile è sempre esistita e, per quel che ci è dato prevedere, sempre esisterà. Ha attraversato epoche e costumi sessuali diversi, ha prosperato nel puritanesimo non meno che nella libertà, ha sfidato la repressione e la condanna morale. Un fenomeno così vasto e persistente, presente in tutte le culture, per quanto esse siano diverse ed antitetiche, non può che avere una radice solidissima e profondissima: una radice genetica. Questa radice, che porta il maschio a simulare la fecondazione di tutte le femmine, non c’è nelle femmine, che non sono affatto portate a farsi fecondare da tutti, ma, anzi, a selezionare e scegliere il portatore più forte. Il che significa, se mi passi l’osservazione antifemminista, che non siamo uguali proprio per niente: siamo diversissimi. “Hai ragione, ma non trovo che sia un’osservazione antifemminista, semmai polemica con una delle accezioni del femminismo”. Dal che segue, però, che la prostituzione maschile, nel senso di rivolta a clienti donne, non rappresenterà mai un fenomeno d’eguale portata e persistenza, mai. “Ne sono convinta anch’io. Anzi, porto un argomento alla tua tesi: nelle molte inchieste fatte e nelle tante chiacchiere che queste comportano, mi sono assai spesso trovata davanti a clienti maschi soddisfatti di quel che avevano comperato, mentre le clienti femmine non facevano che alimentare un tormentone di dubbi, ripensamenti, razionalizzazione. Una sofferenza”. Vedi? “Vedo”. La prostituzione maschile, dunque, esiste, ma è più frutto di un’emulazione (lo fanno loro facciamolo anche noi) che di un bisogno. “Magari non sempre, perché le persone sono diverse, non esistono stereotipi buoni per tutto. C’è anche la donna manager che mostra il suo potere portandosi dietro il palestrato”.

“Mi consenti una digressione?”. Prego. “Non si perda di vista il fenomeno dello scambismo, che è diverso da quello della prostituzione, che può non essere affatto mercenario e nel quale le donne recitano una parte protagonista”. Si, qui mi convinci, la cosa ha un senso. “E’ un fenomeno assai diffuso, ed in crescita”.

Se si parla di prostituzione non è possibile saltare il problema della regolamentazione. La legge Merlin è stata superata dalla realtà, questo lo ammettono tutti, visto anche che gli indirizzi delle case presunte proibite si trovano sui principali quotidiani. Poi, però, è difficile trovare un accordo su come cambiare la legge superata. “E chi ha detto che c’è bisogno di una legge, dove sta scritto?” Be’, mica puoi lasciare che il mercato regoli liberamente la schiavitù? “Certo che no, ma la riduzione in schiavitù è un reato in sé, che deve essere perseguito indipendentemente dal fatto che si riferisca alla prostituzione”. E con questo? “E con questo sono reati anche l’induzione, o lo sfruttamento di minori, la violenza e così via. Si perseguano questi reati, lo si faccia con impegno reale e non moralistico, e, così facendo, si sarà ripulito il mondo della prostituzione dai suoi aspetti più raccapriccianti ed antisociali”. Dopo di che? “Dopo di che si prenda atto di quel che è assolutamente ovvio: esiste la prostituzione per convenienza, quella razionalmente praticata da quante hanno trovato un modo per far soldi e farli in fretta, una prostituzione che, per giunta, come ricordavi anche tu, risponde ad una domanda ineliminabile. Se ne rendeva conto anche Sant’Agostino, che parlava di ?male necessario'”.

Intendi dire, se ben comprendo, che si devono perseguire e reprimere tutti i reati legati alla coartazione della volontà altrui, mentre non v’è alcun bisogno di regolare il mondo della prostituzione. “E’ così, naturalmente con alcuni corollari”. Ad esempio. “Ad esempio non può essere consentito di adescare laddove questo reca disturbo o scandalo. Ci sono quartieri che si sono imbarbariti a causa di un mercato del sesso troppo frequentato. E non c’è dubbio che sarebbe oltraggioso esercitare l’adescamento sfrontato innanzi ad un luogo di culto, in generale davanti agli occhi di chi ha il diritto di non voler vedere”. Sei favorevole ai quartieri a luci rosse? “Non esattamente. Esiste una prostituzione discreta e di nessun allarme sociale, che adesca mediante annunci, o utilizza le agenzie. Ecco, non vedo perché si dovrebbe poterlo fare qui e non lì. Esiste, anche, la prostituzione di strada, ed in questo caso è ragionevole che le autorità pubbliche dicano: qui si e là no. Per scelta trasparente, non per mera omissione d’intervento”.

Non vedi il rischio che qualcuno possa giudicare offensiva la sola idea di non perseguire la prostituzione? “Ciascuno si offenda per quel che gli pare. Si può giudicare offensiva la pornografia, ma non si può pensare di eliminarla o reprimerla (come pensavano certe femministe, che davano fuoco ai cinema a luci rosse). Si dettano le regole che dovrebbero servire a tutelare chi non vuol guardare, e poi si prende atto della realtà”. Qualche volta si è proposto di perseguire i clienti. “E’ un’idea che deriva dall’identificazione fra il sesso mercenario ed il male, il peccato ed il reato. A me pare che tutto questo sia sbagliato alla radice, a meno che non si tratti di schiavi, minori, così come ho detto prima. E poi, guarda, a dir che si devono punire i clienti sono in tanti, salvo poi, quando si presentano casi specifici, prender le difese di qualche povero disgraziato che viene fotografato e multato e, magari, sol per questo, si toglie la vita. Purtroppo è successo”.

Vorrei dire una cosa sugli uomini, ma prima torniamo a parlar delle donne. “Una rivalità c’è, lo abbiamo detto, ma sarebbe bene che tutte ci rendessimo conto che è degradante la concorrenza dalla cintola in giù. L’insoddisfazione, o l’immaturità, o chiamala come ti pare, di un uomo che si rivolge alla mondana non sta nell’inappagamento dei sensi. Forse si tratta di una persona la cui fantasia non ha trovato un partner con cui dialogare, forse ha scarsamente elaborato la parte razionale della propria sessualità. O forse non lo so io come non lo sa nessuno, motivo per il quale quel mercato continua ad essere florido”. Si, penso anch’io che vi siano tante motivazioni quanti sono i clienti, con al fondo un’impronta geneticamente ineliminabile, benché governabile. Vedo una certa uniformità, invece, fra i moralisti: sono quasi tutti degli immorali.

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