Idee e memoria

Politica e scelte religiose

Tony Blair esce da Downing Street ed entra nella chiesa cattolica. Secondo la nostra etica contemporanea, secondo il modo in cui abbiamo sublimato i drammi della fede, sono affari suoi. Ma mica tanto. Ha dovuto attendere la fine del premierato perché il regno inglese è impersonato da un monarca che è anche capo della chiesa anglicana,

e perché la scelta di Enrico VIII, le cui motivazioni ebbero poco a che vedere con i travagli dell’anima, è uno degli elementi identitari di quel regno. Non la scelta personale di Blair, ma la sua tempistica, quindi, è una radiazione fossile del grande scontro europeo di un tempo, che fu scontro di potere, di terre, di risorse e di religioni.
Il fatto che egli non abbia potuto o voluto (che è la stessa cosa) farlo prima ci racconta molto di quel che eravamo e non possiamo non essere ancora. Abbiamo un cervello evoluto, si sa, ma anche un sistema nervoso primordiale che governa gli istinti della sopravvivenza. L’itinerario religioso di Blair ci dice che quel sistema nervoso corre per la spina dorsale europea. Quindi non è solo una sua faccenda personale, ma un passaggio su cui è bene meditare.
Detto questo, e dando per scontato che la sua scelta personale non è certo maturata nelle ultime ore, dobbiamo anche compiacerci del fatto che in questa nostra Europa la laicità dello Stato è, fortunatamente, un fatto acquisito. Lo stesso Blair, nel mentre elaborava la propria conversione, ha potuto e voluto partecipare ad operazioni internazionali, a guerre, tanto per chiamarle con il loro nome, che il Vaticano condannava esplicitamente. Ha potuto collaborare a norme sulla ricerca scientifica e sull’uso delle cellule staminali che il Vaticano detestava e detesta. Ha potuto, insomma, distinguere fra scelta religiosa e doveri di governo, non, credo, sentendo la dilaniante diversità dei principi morali (che sarebbe immorale), ma non considerando quelli religiosi in contrasto con la propria azione concreta. Distingueva, quindi, fra fede e chiesa.
Fece la stessa cosa un cattolico non convertito, come il tedesco Helmut Kohl, che disse di avere doveri di governo e di politico che potevano distanziarlo dai dettami della chiesa nella quale pure si riconosceva.
Ci muoviamo sul filo di un equilibrio difficile e delicato, ma è la sua esistenza, il suo stare in equilibrio che rende le nostre democrazie un sistema superiore di governo collettivo, e la nostra secolarizzazione, quindi l’indipendenza della politica non dalle convinzioni profonde, ma dalle indicazioni od ordini di una gerarchia, un esempio utile per il mondo intero.

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