Consentire l’esistenza dei campi nomadi abusivi è da razzisti. C’è stato spiegato mille volte che sono razziste e intolleranti le ruspe che li spianano, invece è vero il contrario. La cancellazione di questi luoghi d’orrore e miseria viene fermata quando vi si trovano dei bambini. E’ l’umanitarismo di chi si scandalizza per quelli che crepano bruciati, mentre lo scandalo e non averli strappati a quella realtà. Questa ennesima tragedia, questo ulteriore sfregio alla nostra pretesa di pensarci civili, deve indurci a deporre l’ipocrisia e ribadire che nulla è più razzista e segregazionista del tollerare la creazione, amministrazione e crescita di centri abusivi.
David Cameron ha parlato del fallimento del multiculturalismo, sostenendo cose che scriviamo da tempo. Non è il fallimento della convivenza fra uomini, etnie, culture e religioni diverse, perché, al contrario, quella convivenza è il succo della nostra stessa storia, la sostanza della nostra società e la ricchezza del nostro futuro. Il nostro Stato, lo Stato laico, è una forma istituzionale superiore alle altre (sì, superiore) proprio perché basata sulla pacifica e rispettosa convivenza fra diversi. Il che non solo non consente, ma esclude che, in nome di pretese “diversità”, a qualcuno non si applichino le regole che valgono per tutti. Da noi ci si può sposare in comune, in chiesa, in sinagoga, in moschea, dove ci pare e ci si può non sposare, ma se un padre pretende di scegliere il marito della figlia, e se vuol farsi valere con la forza, lo arrestiamo. Se qualcuno infibula le bambine non ci fermiamo davanti alla “diversità culturale”, ma comminiamo anni di giustissima galera. Se a un romano affibbiamo una multa per divieto di sosta non consentiamo poi che intere aree siano abusivamente occupate da extracomunitari. L’idea che possano esistere pesi e misure diverse, a seconda del ceppo etnico e religioso degli interessati, è razzismo. Razzista, tanto per capirsi, è chi si sente tanto civile e antirazzista dall’appoggiare e sfilare accanto al negro in quanto negro, al rom in quanto rom, e così via. Chiaro?
C’è, poi, un altro tema generale, che quei corpicini carbonizzati rabbiosamente pongono: la chiusura di quel campo era già stata decisa, ma non attuata perché l’allestimento del nuovo è in ritardo, dati i vari ricorsi al tribunale amministrativo e il fermo imposto dalla sovrintendenza. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha detto che chiederà a gran voce, assieme al prefetto, i pieni poteri in materia. Non saprei dar consigli sul tono da utilizzarsi, ma mi sembrerebbe largamente proporzionato avvertire che se la faccenda non si risolve immediatamente le sue dimissioni sono da considerarsi date e non revocabili. Non è una questione di maggioranza, di assessorati o di quattrini, non è roba da cucina partitica, ma il frutto di una semplice constatazione: se il sindaco (in questo caso) non può fare quel che è scritto nel suo programma elettorale, se l’impedimento è dato da una legislazione e amministrazione concepite per non fare un bel niente, ne deriva che sono stati presi in giro gli elettori e i cittadini tutti. Il che non è in nessun modo ammissibile.
Non c’è un solo cittadino “normale” che s’appassioni al federalismo delle impotenze, non uno che valuti i propri amministratori leggendo delibere e carte bollate. Valgono i risultati. Al sindaco di Roma, quindi, si offre oggi la possibilità di lottare e vincere su due fronti giusti, facendo valere principi generali di civiltà. Non la sprechi, mano a mano che il puzzo di quelle carni bruciate andrà disperdendosi nel vuoto delle coscienze distratte.