Idee e memoria

Romeno risarcito e divizzato

Adesso, per favore, non facciamone degli eroi, o, più prosaicamente, dei personaggi da rotocalco, dei soggetti da salotto televisivo. Siamo stati noi a scrivere, subito, che non basta un arresto per fare un colpevole, una confessione per accertare una complicità, che non si fanno decreti sull’onda dell’emozione, perché poi, in galera, ci va gente che non c’entra, che non si deve stare alla parola della polizia giudiziaria e delle procure, che serve quella dei giudici, quelli veri, quelli che scrivono le sentenze, non quelli che fanno il copia incolla delle prime indagini per confermare carcerazioni e pericolosità di cui non sanno nulla.

Ora non vorremmo essere noi a sorbirci il piagnisteo di chi è stato in carcere qualche giorno, magari acciuffato per l’unica cosa che non ha fatto. Anzi, chiariamolo subito: è ridicolo che uno dei romeni, quello con la faccia che avrebbe entusiasmato Lombroso, chieda d’essere risarcito. E per cosa?
L’ipotesi di subire la custodia cautelare è parte stessa dell’essere cittadini in un Paese che la prevede. E’ sgradevole, se si è innocenti, ma può capitare. L’inciviltà non consiste nel fatto che possa accadere, ma che poi, per essere liberati dal sospetto, debbano passare anni, lustri, decenni. Per gli arrestati dopo lo stupro della Caffarella, i “primi sicuri colpevoli” di cui abbiamo già parlato, sono bastati pochi giorni. E’ andata loro di lusso. Adesso risparmiateci i racconti modello Silvio Pellico dei disadattati. Per la difesa del diritto, quindi dei loro diritti, ci siamo mossi in diversi, e mentre alcuni bevevano, ora come sempre, tutto il brodo di procura, riversandolo su televisioni e giornali come fosse oro colato, altri, come noi, hanno avuto da ridire. Lo farei nuovamente, lo faccio sempre, perché il diritto conta più di un falso colpevole a buon mercato. Siamo garantisti doc, ma non vogliamo fare la figura dei pirla col bot. Quindi, gli arrestati di ieri la smettano di frignare e comincino a festeggiare: a molti, moltissimi cittadini italiani è andata assai peggio, interminabilmente perseguitati dalla cecità della giustizia e dalla viltà dei propri simili.
A molti italiani, forse perché brave persone che pagano le tasse (un’aggravante), che non cedono al luogocomunismo, la gogna non è risparmiata neanche in caso d’assoluzione, essendoci sempre un secondino travestito da giornalista pronto a scrivere: “già coinvolto in inchieste giudiziarie”. Mentre ora sarà tutto un accorrere umidiccio attorno al povero romenuccio cui fecero il torto di credere che poteva aver fatto del male. Ho usato parole pesanti per definire il lavoro degli inquirenti, non ho ciurlato nel manico circa la “confessione” del presunto complice, né ho dimenticato quel che era stato detto: resta in carcere perché sospettato di un altro stupro. Ecco, appunto, che fine ha fatto, l’altro stupro? Comunque, tutto questo non toglie che ci sono larghe sacche d’immigrazione, sia clandestina che legittima (i romeni sono europei), che farebbero fatica a spiegare come campano. E quando si fanno di queste fatiche è facile che il crimine stia dietro l’angolo. Non la violenza carnale, ma furti, ricettazioni, spaccio e così via delinquendo.
Un cittadino italiano che vivesse a quel modo si troverebbe prima l’esattore e poi il carabiniere dietro l’uscio. Che uno, solo per il fatto d’essere romeno, pertanto vittima di persecuzione passiva, debba essere risarcito e televisivamente incoronato, rischia d’essere vagamente pazzesco. Allora voglio fare il romeno anch’io.

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