Idee e memoria

San Patrignano

La comunità di San Patrignano è un gioiello. Le attuali difficoltà ne confermano il valore. Lo scandalo di San Patrignano, così come la volle e creò Vincenzo Muccioli (di cui sono stato profondamente e orgogliosamente amico, soprattutto nella cattiva sorte) non consisté nel suo essere un preteso santone o la comunità una setta, che queste son bubbole per rotocalchi e creduloni, lo scandalo s’incarnava nell’uso di soldi e ricchezze private per praticare la solidarietà. San Patrignano è stata scandalosa perché qui s’è costruito un pezzo dello stato sociale, ma senza metterlo in conto ai cittadini e alla spesa pubblica. Uno scandalo iniziato nel 1979 e continuato anche dopo la morte di Vincenzo, che risale al 1995.

All’inizio i soldi erano suoi e della sua famiglia che, non lo si dimentichi, ha donato tutti i propri beni alla Fondazione. Poi sono arrivati i contributi privati, il più consistente e continuo dei quali si deve a Gian Marco e Letizia Moratti. Persone che non si sono limitate a far donazioni, ma hanno preso attivamente parte alla vita della comunità.

Vincenzo era un uomo di straordinaria personalità. Neanche lontano parente di come è stato da molti descritto. La comunità, questo sì, girava attorno a lui e lui la gestiva come una famiglia. Già allora c’erano polemiche sulle sue manie di grandezza, sulla casa lussuosa e sul cameriere in guanti bianchi che serviva a tavola. Era facile rispondere: tutti i ragazzi erano serviti in guanti bianchi. Pur così stando le cose, Vincenzo capì che la sua presenza impediva a San Patrignano di crescere. Di esistere in modo libero. La sua persona era troppo ingombrante, non dentro, ma fuori. Morì senza misteri, senza nulla del sordido che è stato ventilato. Ma morì consapevole che quella era una via d’uscita.

La sua previsione si dimostrò esatta: la comunità crebbe, le attività economiche ressero, superò la prova. Parliamoci chiaro: una realtà di quel tipo è cronicamente in deficit, nel senso che per circa metà dei suoi bisogni provvede da sola, con il lavoro, e per l’altra metà ha bisogno di fondi esterni. Privati. E’ un modello virtuoso, tradendo il quale la si sarebbe chiusa da tempo, perché roba di quel tipo non si può e non si deve gestire con le logiche della spesa pubblica. E’ un bene pubblico, ma va finanziata dai privati. Sono passati più di trenta anni, dalla fondazione, e se non è un successo questo! Dentro il successo, però, è nato il problema.

Alla morte di Vincenzo la gestione passò al figlio Andrea, che l’ha tenuta fino alla settimana scorsa. La successione familiare aveva un senso, ma non poteva essere la regola. Lo stesso Andrea, del resto, prendendo il timone disse che, al contrario del padre, non lo avrebbe tenuto a vita. Ci sono due cose che, in quel modello, non possono essere comprese: a. che sia una gestione dinastica; b. che i finanziatori se ne sentano padroni. Perché il modello non s’inabissi è necessario che ci siano i soldi, come anche gli esperti e i volontari, i gestori, ma nessuno di loro deve credere si star guidando o finanziando una cosa propria. Vincenzo diceva ai ragazzi: vi accolgo in casa mia. Ma provvide a che la casa non fosse, giuridicamente, una sua proprietà.

Le diverse posizioni sono entrate in conflitto, sarebbe puerile tentare di nascondere tale realtà. Ma nessuna vincerà un bel niente se non salvando il modello, se non continuando lo scandalo di privati che operano, nel mercato della solidarietà, senza essere né chiesa né stato. E’ un passaggio molto doloroso, ma prima o poi sarebbe dovuto arrivare. Si tratta di capire se i protagonisti, cui dobbiamo molto, hanno la capacità di non danneggiare il gioiello. Lascio ad altri i pettegolezzi e conosco le persone quanto basta per sapere che le cose che leggo sono prive di senso. Non ho chiesto loro versioni “autentiche”, prima di scrivere, perché San Patrignano mi è nota anche nel silenzio. Ci sentiremo poi. Da qui faccio una sola cosa: mando un bacio ad Antonietta, la moglie di Vincenzo, perché sappia che ciascuno di noi può sbagliare, ma la memoria di quel che è stato non potrà mai essere corrotta.

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