Lo spettacolo della vita e della morte è sempre stato sadico, adesso, però, con la televisione, il tutto si mescola in una miscela che uccide la sensibilità, che ottunde la ragione. La pena di morte ed i parti plurigemellari si ritrovano assieme, in un trionfo di cattivo gusto e di falsi sentimenti.
La battaglia per evitare l’esecuzione di Barnabei, ad esempio, si ammantava, ipocritamente, di buoni sentimenti. Ma, appunto, ipocritamente. Se si presta attenzione ci si accorge che con il pretesto di volere evitare una condanna a morte si è messo in scena lo spettacolo della morte. Spettacolo alimentato dalle dirette, dai toni tetri degli inviati, i quali, però, non sapevano parlare di altro che di rituali di morte: all’ora tale il morituro mangerà, poi farà la doccia, quindi lo accompagneranno, i testimoni si sederanno, infine usciranno silenti e sconvolti, come da copione. Non ci vuole un occhio particolarmente raffinato per accorgersi che l’ascolto dipendeva proprio dalla morbosità dell’esecuzione. E se questo vale per la televisione, purtroppo non meglio si sono comportati i quotidiani stampati.
Se i sentimenti sbandierati fossero stati genuini due cose, oggi, ci apparirebbero ovvie: si lotta contro la pena di morte, ovunque e su chiunque venga praticata, considerandola una misura inumana e non importando se a subirla sia un colpevole od un innocente; si lotta contro la pena di morte anche dopo che la sentenza contro Barnabei è stata eseguita, anzi, a maggior ragione. Invece, morto Barnabei, terminate le ultime trasmissioni con la madre, fine, lo spettacolo chiude. Come se altri non si trovino nel braccio della morte, come se altre esecuzioni non vengano praticate in altre parti del mondo. Lo spettacolo non va avanti perché non c’è la suspance che solo il boia riesce a dare, e perché le battaglie ideali sono lente e noiose.
E che dire dei telegiornali che si aprono informandoci della salute di questo o quel gemello di un parto innaturale ed inumano? Insomma, la notizia di quella gravidanza ai limiti dell’assurdo dovrebbe far ragionare sulla rozzezza delle pratiche d’inseminazione, sull’assurdità di terapie che si traducono in lotterie. Dovrebbe far dire, come ha giustamente detto il ministro Veronesi, che la pratica dell’adozione dovrebbe essere di gran lunga favorita rispetto a certe pratiche d’inseminazione.
Invece no, invece teniamo tutti la contabilità di bambini morti senza raggiungere i cinquecento grammi, come se si trattasse di una dimostrazione di affetto materno il volere una gravidanza anche a costo di impiantare una nidiata che non ha nulla di naturale.
Ma guai a dirlo. Ci fai la figura dell’oscurantista, mostri di non comprendere quali buoni sentimenti hanno retto una simile prova. No, spiacente, ci vedo sono una scienza incauta, un’ipocrisia collettiva ed il cinismo di chi ci guadagna.