Idee e memoria

Stupefacente irresponsabilità

Stupefacente, quel che accade in un liceo romano. Istruttivo, anche perché lo spaccio di droga non è certo un’esclusiva di quell’istituto, così come anche la diseducazione alla legalità, capace di generare irresponsabilità diffusa. Il liceo è il Virgilio, ma qui esaurisco le identificazioni specifiche, visto che si tratta di una storia che coinvolge ragazzi. Credo meritevoli di punizioni, ma non essendo la diffusione delle loro identità una accettabile pena accessoria. Il web conserva quei nomi per una vita, mentre spero loro sappiano costruirsene una diversa. E poi, appunto, non si tratta solo di questo episodio.

Durante l’ora della ricreazione entrano nel liceo dei carabinieri, in borghese, effettuano una perquisizione e arrestano uno studente, in flagranza di reato: il maggiorenne, 19 anni, vendeva una dose di hashish a un minorenne di 14 anni. Un’altra dose l’aveva in tasca. Naturalmente lo arrestano. Fatti i controlli si scopre che il giovane spacciatore era già stato arrestato, nel 2013, con in possesso 500 grammi di droga. Mezzo chilo. Come dire: uno del ramo. All’epoca era minorenne e fu messo in prova. Direi che l’ha fallita.

Effettuato l’arresto scoppia la buriana, con un centinaio di studenti che vanno a protestare in presidenza, contestando la presenza di carabinieri all’interno della scuola. Proponendosi di “riprendersela”. A dar manforte arriva un rappresentante dei genitori, che contesta lo stile “far west”. A tutti costoro, pargoli e adulti, sembra normale che la legge possa essere violata, mentre sembra riprovevole che la forza pubblica pretenda di farla rispettare. Basterebbe ciò per far capire che il corso di studio ha complessivamente fallito, non riuscendo a trasmettere né il concetto di legalità né quello di responsabilità. Taluni ritengono che la legge vada cambiata e la droga liberamente scambiata e consumata? Io la penso diversamente, ma rientra fra le libertà che difendo quella di battersi in quel senso. Non rientra, invece, fra i diritti di ciascuno quello di violare la legge di tutti. A scuola, per giunta. La legge proibisce di vendere ai minorenni le sigarette e gli alcolici, mentre a scuola si può portare loro la droga? Un bel tema di discussione, che nelle scuole non dovrebbe essere scantonato, ma affrontato.

La cosa, però, può essere imprudente. In quello stesso liceo, difatti, erano stati organizzati, a cura di insegnanti e genitori, degli incontri sul problema della droga. Peccato che ne avevano affidato l’organizzazione a quelli di Scientology, una parareligione settaria, particolarmente attenta alla sorte degli adepti più danarosi (si può raggiungere la purificazione, ma a cospicuo pagamento). Se quelle sono le occasioni di dibattito non c’è da stupirsi per l’alto livello di consapevolezza diffusosi fra i frequentatori.

Può darsi che quel liceo sia particolarmente sfortunato, ma restituisce il dagherrotipo di una collettiva faciloneria, insipienza e incoscienza. E se l’universo dei più giovani è, come sempre (grazie al cielo), variamente composto, con gente che studia e gente che perde tempo, con ragazzi che pensano a costruirsi un futuro e altri che esauriscono le forze nel godersi il presente, con gli infiniti stadi intermedi che fanno dell’adolescenza, sempre, una stagione di passaggio e trasformazione, è l’universo degli adulti a dare il peggio di sé. Anche fra questi, naturalmente, ci sono tante diversità quante sono le persone, ma complessivamente producono, consentono e si rassegnano a uno svaccamento che s’incaponisce a cancellare dalla vita dei figli ogni ipotesi di punizione e dolore. Una bolla irreale e iperdiseducativa, talché neanche spacciare droga a un minorenne è considerato motivo sufficiente per essere arrestati. Figurarsi se quello stesso mondo è in grado di sostenere che chi non studia debba essere bocciato.

I viziati non sono i figli, ma i genitori. I primi sono, semmai, depredati del necessario confronto con il principio d’autorità. Da sfidare, da contrastare, perché questa è la storia del mondo, ma pur sempre da assorbire, per poi riprodurlo. Il contrario del principio d’autorità non è quello di libertà (che si conquista sfidandolo), ma d’incapacità a distinguere il buono dal cattivo, il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Si può sbagliare nel distinguere, ma mai rinunciare a distinguere. Quando i genitori e gli insegnanti si smidollano non producono sregolatezza, ma desiderio di autoritarismo. La cosa più triste è che il fallimento degli adulti lo pagano i ragazzi, oggi illusi che fra un diploma a bassa intensità di sapere e uno spinello ad alta intensità di dissipare passi qualche cosa che somigli alla vita.

Pubblicato da Libero

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