Idee e memoria

Stupri in Cassazione

Prima la storia dei jeans poi quella del rapporto sessuale con una donna incinta, la Corte di Cassazione si trova ancora al centro di una polemica. Di una polemica dissennata. Il giustizialismo un tanto al chilo ignora i fatti e mira alle condanne, esercitatosi nella nobile arte di dare addosso ai finti potenti, adesso si accanisce con i poveracci. Come volevasi dimostrare.

Dei jeans già scrissi a loro tempo, veniamo alla violenza sessuale di cui è stata vittima una donna al settimo mese di gravidanza. L’autore della violenza fu il fidanzato, nonché futuro padre, il quale pretese un rapporto sessuale (direi più esattamente “pretese di penetrare quella donna”) nonostante lei mostrasse, con parole e pianti, la sua decisa opposizione. La ragazza denunciò il fidanzato. I reperti medici dimostrarono che non vi erano state lesioni ulteriori (ulteriori rispetto alla violenza sessuale, già gravissima in sé).

Giunti al momento del processo i due, la donna ed il suo compagno, si presentarono assieme, mano nella mano: avevano fatto la pace e, come disse lei, era nato un bel bimbo che non aveva subito alcuna conseguenza negativa. Nel corso del processo, comunque, la donna confermò i fatti denunciati e (giustamente) incuranti del perdono intercorso i giudici condannarono l’uomo a quattordici mesi di reclusione. Fu la procura a ricorrere fino alla Cassazione chiedendo che all’imputato venisse contestata l’aggravante di avere esercitato violenza su una donna incinta e considerando, pertanto, troppo pochi quei quattordici mesi.

Ma la Cassazione ha fatto niente altro che il proprio dovere osservando che quel tipo di aggravante non esiste, non è contemplata dalle leggi e, quindi, non può essere contestata. Nullum crimen, nulla poena, sine lege , principio elementarissimo di ogni civiltà del diritto: non può esistere crimine, non può esserci pena, se questi non sono espressamente previsti dalle leggi.

Cosa c’entra, allora, tutta la confusione che si è vista sui giornali? Cosa c’entrano le cretinerie sulla presunta riscrittura, da parte della Cassazione, della morale sessuale? Chi, se non uno scemo, può dire: per la Cassazione non è reato stuprare le donne incinte? Eppure tutto questo è successo, sotto ai nostri occhi.

La giustizia umana, naturalmente, è imperfetta ed approssimativa, ma, almeno in questo caso, ci pare sia andata vicina ad una sentenza equa, condannando laddove la vittima aveva perdonato. Ma questo sembra passare in second’ordine per un sistema dell’informazione che non si informa, che non studia, che non trasmette fatti ma sollecita reazioni. Il risultato, nella sua drammaticità, è quasi comico: si vogliono vestire le vesti di chi difende le donne e, per far ciò, si grida ai quattro venti la solenne corbelleria secondo la quale non è reato stuprare quelle in jeans od incinte. Davvero un bel lavoro.

Condividi questo articolo