Idee e memoria

Truffa alla legge truffa

29 marzo 1953, il Senato, al termine di un dibattito che fu una battaglia, anche fisica, e di sedute durate ininterrottamente settantasette ore, vara la nuova legge elettorale, proposta dal ministro Scelba nell’ottobre dell’anno precedente.

La legge prevede un premio alla coalizione che dovesse ottenere il 50,01% dei voti. Le opposizioni la chiamano: legge truffa.

7 giugno 1953, gli italiani si recano alle urne. La coalizione di governo, che vede “apparentati” la Dc, il Pri, il Pli ed il Psdi, ottiene il 49,8% dei voti. Il premio non scatta, la legge potrà essere archiviata. La storia dell’Italia repubblicana carnalizza il rapporto con il sistema elettorale proporzionale.

Quei fatti non possono essere dimenticati e, anzi, vivono da qualche tempo una loro postuma attualità: l’Italia di dieci anno fa, difatti, gridò “a morte il proporzionale, viva il maggioritario”, invertendo posizioni, personaggi e storie di quaranta anni prima. Forse non è presto per trarre un bilancio della più recente svolta, ma non è tardi per gettare un fascio di luce sugli eventi di allora, anche per scoprire che la vera truffa fu ai danni della “legge truffa”. Per farlo siamo aiutati da una bella mostra, allestita al Senato, che raccoglie documenti dell’epoca e i manifesti elettorali dei partiti, che ben testimoniano del clima e della posta in gioco. Gli atti della mostra sono stati pubblicati da Rubbettino, in un bel volume significativamente intitolato “Fu vera truffa?”. Infine, sempre a cura dell’Archivio storico del Senato, per i tipi del Mulino, Gaetano Quagliarello ha raccolto i dibattiti parlamentari di allora e li ha accompagnati con un suo saggio (“La legge elettorale del 1953”).

Cominciamo dalla truffa, poi vedremo i perché di quella legge e la necessità di una sua rivalutazione storica. Quel 7 giugno del 1953 il premio di maggioranza non scattò perché mancarono, alla coalizione di governo, appena 57 mila voti. Un soffio. In quella stessa elezione i voti giudicati non validi furono 1.317.583, il 4,7% dei voti espressi. Attenzione: questa percentuale è il doppio di quella che si era registrata alle elezioni precedenti, nel 1948, e, fino al 1983, senza eccezione, i voti nulli sono sempre stati sotto il 2%.

Quei voti nulli si divisero in questo modo: 436.534 schede bianche, l’1,5% dei voti espressi; e 881.049 schede nulle, il 3,1%. Il sospetto si addensa su questo secondo blocco. Com’è possibile che tanti elettori abbiano commesso errori, o abbiano deliberatamente annullato le schede? Perché non lo avevano mai fatto, in quella percentuale, prima, e non lo avrebbero fatto poi? La risposta è: perché non lo fecero neanche allora.

Vincenzo Longi, come ricorda Quagliarello, allora giovane funzionario parlamentare e futuro segretario generale della Camera dei deputati, condusse una privata revisione delle schede, e giunse a questa conclusione: “Se fossi interrogato nel tribunale della storia, direi in piena coscienza che delle circa 800.000 schede contestate, moltissime erano più che valide e che quindi il quorum del 50 per cento più uno si sarebbe abbondantemente superato”. Faccio un solo esempio d’annullamento, tanto per rendere l’idea: al contrario dei partiti a conduzione centralistica, i partiti democratici consentivano ai propri candidati di fare campagna elettorale a proprio favore, chiedendo all’elettore di scrivere, sulla scheda il nome del candidato cui andava la preferenza; moltissime schede riportano il nome del candidato accanto al simbolo del partito nelle cui liste si trovava, ma non la croce sul simbolo. La volontà dell’elettore è chiarissima. Il dubbio può esistere laddove il nome di un candidato si trovi appaiato al simbolo di un altro partito, ma dove questo non sia è evidente che l’elettore intendeva votare proprio quel partito, esprimendo la preferenza per quel candidato. Eppure gli scrutatori dell’allora partito comunista, in tal senso addestrati in apposite scuole, contestarono tutte le schede in quelle condizioni, annullando il voto, complice l’ignoranza o l’ignavia del presidente di seggio e degli altri scrutatori.

Ma se è vero questo, se è fondata l’indagine di Longi, perché i partiti di maggioranza non chiesero subito di riesaminare tutte le schede? Qui la cosa si fa davvero interessante, ed istruttiva: alcuni volevano effettivamente farlo, ma De Gasperi si oppose, in modo che non ammetteva repliche. Penso che De Gasperi ebbe ragione, e seppe guardare lontano.

Lo scontro, nel Paese ed il Parlamento, era stato durissimo. Le forze politiche che appoggiavano il maggioritario, le stesse che poi si apparentarono, avevano posto il problema della stabilità del governo, ma, sull’altro piatto della bilancia, dopo quel 7 giugno, c’era il collettivo riconoscimento nelle istituzioni. Ricontare le schede avrebbe potuto portare alla vittoria, ma De Gasperi sapeva che avrebbe anche portato ad un indebolimento delle istituzioni, fino a non renderle rappresentative e riconosciute da tutti. Un rischio troppo alto. Fu barattata, allora, la stabilità con la rappresentatività. Non a caso, dopo quel passaggio, la riforma del sistema elettorale fu considerata un tabù, ed il proporzionale entrò nelle carni della Repubblica, talmente in profondità da resistere ancora oggi, dopo dieci anni di presunto sistema maggioritario. Ma ci arrivo.

Quest’ultimo passaggio deve essere sottolineato, riletto, ripensato. Lo ha fatto anche uno dei protagonisti dello scontro, il comunista Pietro Ingrao: pensavamo avrebbero ricercato la vittoria in tutti i modi, pensavamo sarebbero stati pronti anche a manipolare i risultati, ma ci sbagliavamo. Avvenne il contrario: De Gasperi accettò i risultati manipolati anteponendo gli interessi istituzionali a quelli di partito, o di coalizione.

Eppure quella legge era stata pagata a caro prezzo. Non solo si era agitata la piazza, si erano scambiate accuse pesantissime, ma si erano arrecati danni ad alcune forze politiche. Si pensi, ad esempio, a tutte le forze laiche, dai socialdemocratici ai repubblicani, dai liberali ai socialisti, che dovettero subire lacerazioni interne, dibattiti infuocati, abbandoni e fuoriuscite, proprio perché una parte dei dirigenti di questi partiti accusavano i Villabruna, i Reale, i Saragat di essersi venduti, o comunque consegnati prigionieri alla Dc. Il ragionamento allora svolto da Oronzo Reale, politico mite e serio, era di grande limpidezza: la presenza dei partiti laici accanto alla Dc la condizionava “a sinistra”, un indebolimento di questo schema avrebbe reso la Dc più facilmente trascinabile “a destra”, ne sarebbe uscito indebolito il Parlamento, nella sua capacità di legiferare. Saragat ragionava allo stesso modo, ed aggiungeva la necessità di rendere forti i socialisti democratici proprio in vista del necessario confronto con i socialisti di Nenni.

A ben vedere, quindi, quel 7 giugno, non fu sconfitta la Dc, ma il disegno degasperiano e, con questo, le forze laiche intermedie. Certo, la maggioranza aveva commesso i suoi errori, si era presentata agli elettori più come un cartello elettorale che come una coalizione animata da un comune programma, i suoi leader spiegavano, nelle piazze, strategie differenti. Ma questi errori sono altra cosa rispetto all’idea che stessero dando vita ad una truffa.

Quaranta anni dopo gli umori saranno molto diversi. Nel 1992 si votò ancora con il sistema proporzionale, due anni dopo i partiti politici che avevano raccolto la maggioranza dei voti (liberamente e democraticamente espressi) non esistevano più. Spazzati via. Gli eredi di quanti gridarono contro la “legge truffa” si misero ad esaltare le virtù taumaturgiche del maggioritario, e persero le elezioni del 1994. Immediatamente dopo scattò il meccanismo che De Gasperi aveva temuto e previsto: la contestazione di legittimità non della vittoria elettorale, ma del diritto a governare.

Ora, ed è cronaca di questi giorni, non pochi s’interrogano sull’opportunità di tornare al proporzionale. Ma i fatti di cinquanta anni fa dimostrano quello di cui le persone ragionevoli non dubitano: i sistemi elettorali sono frutto di in disegno politico, non possono esserne la fonte.

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