Idee e memoria

Vaccinati senza vaccino

Passata la malattia, si tende a dimenticare. Qui, invece, faremmo bene a ricordare, anche perché la malattia non l’abbiamo presa. L’influenza A, in un certo senso, ci ha vaccinati, proprio perché il vaccino non l’ha fatto quasi nessuno. Quel che è successo è molto istruttivo e politicamente rilevante. Insomma, non si può liquidarlo sotto la voce “falso allarme”.

Nell’aprile del 2009, da perfetto ignorante di cose mediche, avvertivo i lettori che i conti non mi tornavano. S’era già levato un coro isterico, partito dagli ospedali messicani, che raccontava di gente morente come mosche spruzzate d’insetticida. Si avvertivano i viaggiatori, si descrivevano i sintomi, si sdottoreggiava sull’origine di quella che neanche era chiamata epidemia, ma direttamente pandemia. Non potendo fare altro, oltre agli scongiuri, mi misi a guardare i numeri. E non trovavo i morti. O, meglio, trovavo un bel po’ di messicani passati all’altro mondo, ma non la differenza rispetto alla normalità. Oh bella, morirà pur qualcuno, in Messico, anche senza l’influenza A! Poi fu lanciata la notizia sensazionale: un caso di contagio è stato trovato a Madrid. E’ finita, il mondo è contaminato, si lesse in tutti gli idiomi. Così, anche ricordando l’influenza delle mucche e quella degli uccelli, e senza neanche volere pensare a quella delle pecore, scrissi quel che mi sembrava di vedere: c’è in giro un’epidemia, consistente nella moda delle epidemie. Aprile 2009.

Ma gli allarmi mondiali non fecero che ululare, e, oramai, era cominciata la corsa al vaccino, senza il quale non si sa se sarebbero bastati i cimiteri. In casi come questi, la cosa migliore che possa capitare è che l’allarme sia infondato. E’ capitato. E’ andata bene. Ma c’è costato troppo. Veniamo, allora, al vaccino.

La prevenzione è cosa utilissima, i vaccini sono importantissimi. Se qualcuno legge, in quel che ho scritto e adesso scrivo, una specie d’avversità ai vaccini, si sbaglia. Ma questo specifico vaccino pone problemi piuttosto grossi, che sarebbe colpevole ignorare. Il primo è d’ordine culturale: tutte (o quasi) le autorità sanitarie, nei vari Paesi, hanno premuto per l’acquisto, ma la gran parte dei medici lo hanno sconsigliato ai propri pazienti e non lo ha praticato a sé. Questa frattura è preoccupante. Oggi ci sono scorte di vaccini da smaltire, soldi sprecati da recuperare, almeno in parte, o regali da fare (è la via scelta dall’Italia), ma i medici che osservano questa scena, siano essi italiani, francesi, inglesi o tedeschi, se la ridono. Noi lo sapevamo, dicono.

Se fosse accaduto solo da noi, o solo in Francia, o in un solo posto, si sarebbe gridato allo scandalo. Essendo accaduto quasi ovunque, che si fa, si grida allo scandalo globale? Posso accettare, da ignorante, l’idea che chi è responsabile della prevenzione, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ai vari ministeri nazionali, ecceda in prudenza. Ma se, poi, a quella prudenza non credono i medici, ovvero quelli che dovrebbero tradurla in pratica, c’è qualche cosa di profondamente guasto.

Il secondo problema è d’ordine economico ed amministrativo. Anche noi ignoranti sappiamo distinguere il vaccino contro la difterite da quello contro l’influenza stagionale, e sappiamo che il primo si prepara con calma, programmando, mentre per il secondo si deve correre, una volta individuato il nuovo ceppo. Altrettanto veloci devono essere le pratiche amministrative, per disporne l’acquisto. Ma se mi si viene a dire che s’è proceduto utilizzando le norme contro il terrorismo, perché l’evento non era prevedibile, allora m’arrabbio. Anzi, mi rendo utile, annunciando, fin da ora, che, con il prossimo autunno-inverno, manco fosse alta moda, ci sarà un nuovo ceppo influenzale. E’ tanto prevedibile, che lo prevedo da ora. Con questo, si badi, non intendo sostenere che chi ha disposto quell’acquisto, utilizzando quello strumento amministrativo, si sia comportato male. Le cose stanno in modo peggiore: in Italia non si riesce a governare la normalità, quindi si deve inventare l’emergenza.

Il terzo aspetto è relativo al contenuto del contratto. Nel mondo si usano gli standard. Posto che siamo tutti umani, e che l’influenza (falsamente) mortale è una anch’essa, perché ciascun Paese stipula contratti separati e diversi? Non è un comportamento razionale, e l’Oms serve, o dovrebbe servire, ad evitare l’irrazionalità, standardizzando.

Tanto più che poi capita di leggere, nel contratto italiano, che gli eventuali effetti negativi, o mortali, del vaccino, sono a carico dello Stato, e non della ditta che accende ceri all’influenza, vendendo le dosi. E siccome la cosa non è razionale, aumenta la diffidenza. Se si legge, in quello statunitense, che il vaccino per i cittadini contiene squalene, ma quello per i politici e i militari no, aumenta la diffidenza. Mi hanno spiegato, gli esperti, che lo squalene non fa male, salvo in rarissimi casi. Ci credo. Ma è la differenza a destare sospetto.

Sicché, siamo vaccinati dal non esserci vaccinati. Al prossimo allarme sarebbe da incoscienti non crederci, e tutti conosciamo la storiella di “al lupo, al lupo”. Ma, al prossimo allarme, specie se fiutabilmente pompato, talché un ignorante ne abbia sentito subito l’afrore, cerchiamo di capire chi è responsabile di cosa. E se non succede nulla, dopo avere speso per prevenirlo, facciamogli cambiare mestiere, o, che è pur sempre un’interessante alternativa, promuoviamolo a portafortuna internazionale.

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