Idee e memoria

Vaniloquio pompeiano

Il crollo di Pompei è un evento fortunato, un’occasione da non perdere. Solo in un Paese di tifoserie rimbecillite può essere sprecata discettando della sorte di un ministro o delle responsabilità di questo e di quello. Pompei è una vergogna collettiva e nazionale, senza confini di schieramento e di tempo. Una schifezza a cielo aperto, raffigurazione di un Paese che ha ricchezze immense e uniche al mondo, ma riesce a farle divenire un costo.

Il dibattito parlamentare di ieri è stato sconfortante, tutto incentrato nel rinfacciarsi le colpe. Come discoli vocianti, che meriterebbero un ceffone. Walter Veltroni è strato straordinario, confondendo la difesa del patrimonio culturale con il costo che produce. Noi della sinistra, ha detto, abbiamo raddoppiato la spesa. Bravi, bellissimo. I risultati? Chi governa non dovrebbe farsi bello con quel che spende, ma con quel che ottiene. E qui, c’è poco da lodarsi e imbrodarsi. Fenomenale il Fabio Granata, finiano, che appartiene al vasto esercito senza bandiera, pronto a sparare su quelli con cui marciava, a denunciare quel che accettava, a sputare quel che appena prima mangiava. Coscienze libere, prima di tutto dal pudore. Neanche, però, si può sentire un ministro, Sandro Bondi, che rivendica risultati decisivi: adesso ci sono più cessi, meno randagi, meno abusivi e più guide. Il “rosso pompeiano”, in questi giorni, dovrebbe esser sulle gote. Non ci siamo, per niente.

Ha ragione, Bondi, a dire che non accetterà mai il federalismo culturale, ovvero il decentramento della gestione e delle responsabilità circa il nostro patrimonio, ma farà bene a domandarsi a chi si debba la smania di federalizzare qualsiasi cosa si dica. Il dibattito, però, tutto largamente preconfezionato (oramai leggono tutti il compitino, fatto da quelli che non sono stati eletti, ma assunti), ha ignorato l’aspetto più interessante delle cose dette dal ministro: sono necessarie “nuove forme di gestione”. E non basta pensare ad amministrazioni pubbliche diversamente articolate, si deve essere capaci di descrivere un sistema totalmente diverso.

Pompei non è uno scandalo oggi, è uno scandalo da sempre. Non isolato, perché non funzionano tanti altri siti archeologici e musei, in Italia. E’ tutta roba che dovrebbe produrre ricchezza, a palate, e che, invece, litighiamo per quanto ci costa. Nel mentre ci tassiamo per cercare di tenere in piedi il Colosseo o la Valle dei Templi, il valore aggiunto che producono va all’estero. Ho sentito personale di governo dire: i nostri tesori non ce li possono portare via. Sbagliano, è già accaduto. Provate a prenotare on line e scoprirete che l’Italia si compera pagando una percentuale all’estero. Da noi, invece, non c’è fonte ove si possa sapere, con certezza, quanti alberghi o ristoranti ci sono, in un determinato luogo, quali siano gli orari d’apertura, come si possa acquistare un biglietto e prenotare una visita. Niente.

Cambiamo musica. La tutela del patrimonio artistico e ambientale non può che spettare allo Stato, che stabilisce le regole e come si debba intervenire, la gestione non solo dei singoli siti, ma della vasta attività commerciale e turistica connessa deve coinvolgere il mercato, i privati. Il merchandising è già da solo una fonte di ricchezza, ma non se è affidato ad abusivi autorizzati e coordinati dalla camorra. In un luogo come Pompei, per restare a quello che ha avuto la fortuna del crollo, a due passi dalla costiera amalfitana, dovrebbe crescere una grande industria della cultura e del turismo, quindi anche del divertimento e del benessere. Questo non può avvenire a cura della pubblica amministrazione, ma del mercato. Il che, oltre tutto, ci aiuterebbe a far piazza pulita di un altro sintomo di demenza incipiente, ovvero il continuo riferimento a bellezze del nord o del sud, senza contare che molte stanno al centro. L’Italia è un bene unitario, che va unitariamente venduto. Chi vuole andare a visitare Pompei è certo che sarà interessato anche agli Uffizi. E per vederli deve viaggiare, dormire, mangiare. Dopo averli visti vuole acquistare. Se lasciamo questo giacimento aurifero nelle mani dell’amministrazione pubblica avremo il risultato di Pompei: non riesci neanche ad arrivarci, se sbagli uscita sei perso, quando arrivi non parcheggi, se i bimbi hanno fame possono ciucciar caramelle, è più chiuso che aperto, costa poco e non ti da altro che quel che si deve al vulcano assassino, il tutto circondati da gente che campa grazie alla miseria, laddove potrebbe prosperare nella ricchezza.

Questo è lo scandalo, non il muro venuto giù. Signori della maggioranza, vi sentite felici nel dire che non è colpa vostra? Signori dell’opposizione, vi sentite intelligenti nel dir che è colpa di Bondi? Che il cielo vi conservi, nel vostro scontato vaniloquio.

Condividi questo articolo