Si deve stare attenti a non approcciare l’AI, l’intelligenza artificiale, industriandosi con gli artifici, le carambole verbali, le contraddizioni logiche o i fuochi che fanno solo spettacolo. Bene che la presidente del Consiglio incontri Musk fraternizzando (sembrava opporsi a tutto quello che quell’uomo fa e rappresenta), così come i capi in testa di Google, Motorola, OpenAI e riceva il leader incontrastato di BlackRock. Bene, anche perché eravamo (prima) abituati a sentire amenità del tipo “padroni in casa nostra” (a proposito: c’è qualcuno, magari fra gli oppositori, interessato a sapere di Sparkle?) e ci mancava poco che s’accennasse alle mani adunche della finanza internazionale. Bene, le evoluzioni si festeggiano e non si osteggiano. Naturalmente nessuno di questi soggetti avrebbe mai avuto a che fare con un Paese che oltre ad avere un altissimo debito pubblico avesse anche una moneta il cui valore è deciso dal governo. Sarebbe bello sentirselo confermare da chi, appena ieri, voleva uscire dall’euro.
Ma non si tratta soltanto di sapere quanti soldi ciascuno di quei soggetti è pronto a investire in Italia, perché la faccenda è assai più importante e non si può certo maneggiare con gli artifici degli annunci tonitruanti quanto inconsistenti. L’AI è spesso trattata con l’uso del fanta-horror, con mani non umane che s’impadroniscano del mondo. Baggianate. I problemi sono tre e s’intrecciano con l’annuncio di un investimento di Microsoft in Italia, per un valore di 4,3 miliardi e destinato al cloud e all’intelligenza artificiale.
1. L’AI resterà in mani umane, ma quante sono queste mani? Oggi sono troppo poche e il compito di spezzare le posizioni dominanti non è del mercato, ma degli Stati. Il problema è che il primo è al singolare e i secondi al plurale. San Marino – che è un piccolo Stato con una grande storia – ha multato per 3,5 milioni di euro TikTok per questioni legate alle registrazioni. Generoso ma temerario, visto che le due dimensioni non sono comparabili. Davanti a quelle pochissime mani ogni singolo Stato somiglia a San Marino. E qui serve iniziativa politica e sovranazionalità (che è il contrario del nazionalismo sovranista).
2. La tecnologia digitale la maneggi senza che emetta odori o fumi, sembra la cosa più rispettosa dell’ambiente ma è terribilmente energivora. Per spingersi avanti senza procurarsi ulteriori guai si deve produrre l’energia supplementare da fonti decarbonizzate. Nucleare compreso, che la sprigiona facendolo e non parlandone. Altrimenti il Paese ospitante questi monumentali centri dati si ritroverebbe con un ancora maggiore deficit energetico, il cui costo ricade su tutti.
3. Per usare i sistemi digitali, AI compresa, si può anche essere ignoranti. Viviamo nel mondo in cui si reclama la disconnessione per chi ci lavora e si lascia la connessione perpetua a chi annega nel niente social. Per maneggiarla e indirizzarla, come anche per utilizzarla a proprio (e non suo) vantaggio, occorre istruzione. L’AI non ha nulla d’inquietante per le risposte che propone, lo ha per le eventuali domande che vengono poste e per l’assenza di spirito critico e capacità documentata di dubitare. E serve istruzione generale, non solo le istruzioni che i gestori forniranno ai loro dipendenti perché collaborino alla loro grandezza.
4. Noi dove siamo, in tutto questo? A scuola si pretende di buttare fuori i terminali ludici (giustamente), ma si è incapaci di far entrare la loro funzione integrata con gli studi e lo studio dei medesimi. Sul lato energetico ci s’arrabatta a sperare di rimandare le scadenze anti emissioni, senza manco dire che cosa si vorrebbe fare nel frattempo. Sul lato coordinamento internazionale si ripete la sciatteria del “basta burocrazia”, ignorando che le regole hanno bisogno di procedure e che a Roma neanche la carta d’identità digitale puoi prendere, nel sito del Ministero degli Interni. Difficile approcciare la questione solo badando al «Tessooroo». Tanto più che l’inanellato girava in mutande.
Davide Giacalone, La Ragione 4 ottorbe 2024