I deboli pagano il falso pietismo venendo diffamati, mentre il lassismo favorisce chi disprezza la legalità e predilige la paura. La sana repressione è una via che preserva la civiltà.
Soffiare sul fuoco non conviene a nessuno, salvo che a incendiari e sfruttatori dei roghi. Che campano di barricate. Quel che accade nel quartiere milanese del Corvetto non è un fatto isolato. E le conseguenze possono essere gravi, i problemi possono ingigantirsi se all’agitazione si risponde agitandosi. Serve la ragionevole fermezza di chi intende arginare ed evitare di fomentare. È capitato purtroppo che servitori dello Stato, vestendo una divisa, abbiano abusato del loro potere e usato in modo criminale la forza, fino a produrre la morte di chi avevano il dovere di mettere in sicurezza, non di punire per loro conto. Di questi casi non ci si limita a dare conto, ma li si ricorda sempre. Perché di quelle divise ci si deve potere fidare, senza che sfidino i cittadini. Al Corvetto non è successo nulla di ciò: all’ordine di fermarsi, impartito da una divisa, si ha l’obbligo di fermarsi, non c’è il diritto di scappare e c’è il dovere di inseguire. Si tratta sempre di presunti innocenti, ma la fuga è di suo un segnale che è meglio controllare. Che sia un potenziale assassino, stupratore, spacciatore o ladro, non è consentito lasciarlo andare per non prendersi la fatica (e il rischio) di provare a fermarlo. Purtroppo è capitato che un ragazzo in fuga sia incorso in un incidente che gli è costata la vita. Non può che destare rammarico, ma la responsabilità è sua che scappava, non di chi lo inseguiva.
Dopo questo lutto un gruppo di altri giovani, probabilmente suoi conoscenti, hanno spostato i cassonetti della spazzatura al centro di qualche strada e gli hanno dato fuoco, mimando una rivolta. Che siano figli di italiani o di immigrati è questione che può interessare la sociologia, non l’ordine pubblico. Cercare di capire e di dialogare è sempre un bene, ma quel tipo di azioni devono essere represse, devono finire davanti a un giudice, proprio perché la rivolta è stata solo mimata e ben prima che diventi realtà. La repressione serve anche ai diretti protagonisti, perché li aiuterà a non gettare una vita e il loro futuro nel nulla della violenza, senza altra prospettiva che la perdizione. Non si tratta soltanto di quel quartiere né di stabilire se quelle zone siano o meno periferia. Quale che sia l’ampiezza dell’apertura di un compasso puntato sul centro e diretto verso il punto della rivolta o del disagio, dalle due parti vige la medesima legge e deve essere assicurato lo stesso ordine. Patteggiare la perdita di sovranità può sembrare conveniente per evitare gli scontri minori, ma finisce con il rendere invivibili quelle aree, con l’esporre i cittadini ai pericoli e con il far pagare ai giovani immigrati il pregiudizio negativo verso qualche loro coetaneo delinquente. Abbiamo già troppe aree in queste condizioni. E sono dei pessimi affari.
A quanti già hanno i lucciconi pronti nel sentir parlare di repressione, vorrei ricordare i devastanti effetti del lassismo, a carico dei più deboli. Chi ha comprato una casa in quel posto, orgoglioso dei sacrifici che gli è costata, se la vede precipitata in un buco nero di caos, che poi significa di ordine pubblico ispirato alla forza e non alla legalità. I suoi sacrifici perdono valore e un altro debole viene fregato dalla presunta compassione verso i deboli. I tanti immigrati che lavorano onestamente, facendo i sacrifici che fecero i nostri genitori per farci studiare e assicurarci una vita migliore, si vedono precipitati in una condizione in cui quei ragazzi sono già a sospetto d’essere violenti barricadieri per il solo fatto di esistere.
Vedranno i propri figli a rischio di attrazione delinquenziale, anziché spinti a puntare sul successo professionale. Così una bella barcata di deboli pagano il falso pietismo che li relega a essere non solo ultimi, ma anche diffamati. Dall’altra parte delle barricate il lassismo favorirà quelli che disprezzano la legalità e prediligono coltivare la paura, la contrapposizione e la reazione. Per questo la sana repressione è una via che preserva la civiltà.
Davide Giacalone, La Ragione 28 novembre 2024