La libertà va maneggiata con cura. Se ne fa, invece, un gran parlare a vanvera, senza saperne più tracciarne i preziosi confini e sganciandola dalla responsabilità. Un’incoscienza che nuoce gravemente alla libertà.
Tanti si sono convinti che la libertà comporti l’assenza di costrizioni e limiti, il che porterebbe al paradosso di considerare un suo nemico il codice della strada. Altri vanno avanti per frasi fatte, del tipo: la mia finisce dove comincia la tua. Bella, ma significa troppo o nulla. A Natalino Irti va il merito di avere pubblicato una citazione del profondo e mite Arturo Carlo Jemolo, che pone la questione in modo utile: “Cominciamo a scorgere che il problema della libertà, nell’ambito dello Stato, cioè nel mondo del diritto, è eminentemente il problema di ciò che la maggioranza può imporre a una minoranza”. Non correte al pass, ci arriviamo, perché il principio conta più delle più o meno fallaci applicazioni.
È accettabile che una maggioranza imponga qualche cosa a una minoranza? Dipende da cosa impone e dalla minoranza. Una laida minoranza prova attrazione sessuale verso i bambini, la maggioranza impone loro di trattenersi, altrimenti si passa alla repressione. Giusto. Una minoranza di fedeli ha diritto a professare la propria fede e la maggioranza non ha diritto di impedirlo, ma se il culto prevede sacrifici umani la legge interviene e reprime: sarà pure il tuo culto, ma quella roba è contraria al diritto qui considerato tale. Proibito. Giusto. Le idee politiche devono essere libere, è il sale stesso della democrazia, ovvero il solo sistema di governo che include la libertà. In quella è compreso anche il diritto di abbracciare idee antidemocratiche, perché la libertà si riconosce anche ai suoi nemici. Ma se, come accadde, taluni ritengono di dovere imbracciare le armi per farsi valere allora si usa la repressione, perché la loro presunta libertà non solo sopprime quella altrui, ma direttamente sopprime gli altri. E come la mettiamo, allora, con la Resistenza e i partigiani? La mettiamo che si chiama “guerra civile”, non Stato di diritto. Ecco perché è folle evocare quello scenario.
Il pass limita la libertà, sicuramente. È accettabile se non usarlo comporta un rischio immotivato e una più dura menomazione della libertà (leggete, all’interno, quel che accade in Francia). Si può considerarlo insufficiente o esagerato, ma ritenerlo un attacco alla libertà può accadere solo per capriccio distruttivo. Le democrazie devono sempre difendersi dalla dittatura delle maggioranze, a noi capita di dovere fare i conti con la prepotenza di minoranze che hanno smarrito il nesso con la responsabilità.
Davide Giacalone, La Ragione
Tutti i pezzi sono leggibili subito, su laragione.eu