Il legislatore non ha alibi, ma solo colpe nel continuare a sfuggire alla regolazione del fine vita, ovvero della morte quando la sopravvivenza è sofferenza senza prospettive. Il dogma dell’intangibilità della vita non ha nulla a che vedere con la fede, ma riguarda il fuggire davanti a un tema eticamente sensibile e politicamente divisivo.
Sul tema torna Vincenzo Paglia, presidente della “Pontificia accademia per la vita”, che nella denominazione tiene tutto quel che è pertinente. “In alcuni casi –dice- possono essere staccati i cosiddetti trattamenti di supporto vitale”, le macchine che tengono in vita. E aggiunge di temere, giustamente, non una legge che regoli questo passaggio, accompagnandolo con il risparmiare il dolore, ma l’abbandono del paziente e “una situazione pericolosamente disarticolata”. Giacché sarebbero le Regioni a regolarsi autonomamente. Assurdo.
Legittimo sostenere politicamente l’avversione a ogni accompagnamento, ma assumendosi la responsabilità dello strazio altrui.
Davide Giacalone, La Ragione 29 agosto 2024