Il commento di oggi

Punire il militonto e licenziare i presidi

In un Paese serio due cose non passerebbero impunemente: l’imbecille esibizionista che interrompe dei funerali ed i presidi che rifiutano agli studenti il minuto di silenzio in memoria dei caduti. Il primo si denuncia, i secondi si licenziano. Con serenità, senza esagitazione, ma non può passarla liscia chi scambia un funerale per una pizzeria e chi usa una funzione pubblica per dileggiare un lutto nazionale.
Il lutto non sospende la riflessione, ed anche nel mentre si accolgono le salme dei nostri soldati è lecito discutere e dubitare sull’utilità della loro missione. Umberto Bossi, ministro, lo ha fatto. Alcuni esponenti dell’opposizione (pochi ed insignificanti), lo hanno fatto. Io la penso all’opposto, ma questo rende ancor più necessario e prezioso il confronto delle opinioni che, del resto, non si svolge solo in Italia. Non è lecito, invece, irrompere in funerali di Stato e biascicare al microfono un turpe “pace subito”.
Prima di tutto perché si sta dando l’ultimo saluto a dei militari, morti nell’adempimento del dovere. Un dovere consegnato loro dalla comunità internazionale e dal loro Paese. Il nostro. Offenderli non è solo vile e riprovevole, è anche un reato. E va perseguito. Inoltre, di che “pace” ciancia, quel militonto? La pace dei talebani, se vuole, possiamo ottenerla subito: noi torniamo a casa e loro possono comodamente sgozzare gli oppositori e lapidare quelle che ritengono essere adultere, in attesa d’espandere altrove il diletto. E’ questo che vuole? Non so se il ritmato scanditore di cretinate sia di destra o di sinistra, so per certo che ignora la libertà. Farlo ragionare, forse, è inutile. Punirlo per quel che ha fatto, invece, è doveroso.
In quanto ai presidi, si dovrebbe ricordare loro che sono stati posti, assai impropriamente, a dirigere delle scuole statali. Prendono soldi per servire lo Stato. E se lo Stato proclama il lutto nazionale loro hanno il dovere di farlo rispettare, quale che sia la loro opinione in materia. Loro, invece, credono d’essere divenuti i proprietari della scuola, con il potere non solo di dare un indirizzo all’insegnamento, ma anche di ammaestrare le coscienze. Forse, nella loro tarda insipienza, si sentono anche protagonisti di una scelta coraggiosa ed anticonformista, rifiutando il lutto e camminando nella palta del luogocomunismo pacifista.
Sono pagati per essere educatori, ma sono dei disadattati al senso delle istituzioni, non hanno idea di dove si trovano, hanno scambiato la scuola per una cellula del loro fallito passato. Aiutiamoli a capire, licenziamoli.

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