Il commento di oggi

Rateale

editoriale giacalone 4 luglio 2024

Che i fondi Next Generation Eu siano ben allocati e producano risultati è un interesse dell’intera Unione europea. Quelli del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero il lato italiano dei fondi Next Generation) si spera che inneschino quella ripresa e quella resilienza che li denominano. Chiunque punti a un fallimento, magari per danneggiare l’immagine del governo di turno (siamo al terzo), è un irresponsabile. L’esperienza suggerisce però un ribaltamento delle competenze. Altrimenti resta il cimento della rata, lo scostante aggiornamento circa quel che viene incassato. Con la quinta rata, appena liberata, siamo a 113,5 miliardi su 194,4. Il governo ha tutto il diritto di gioirne e considerare la puntualità dei trasferimenti quale frutto del proprio operato. La presidente del Consiglio ribadisce che «la messa a terra del Pnrr rimarrà una priorità assoluta». Ed è proprio questo il punto (tralasciando «messa a terra» e «priorità assoluta») ovvero: ma riforme e investimenti, per quella portata, dove sono?

Sulle riforme c’è poco da girarci attorno o chiedere lumi: poca roba. Sul fronte giustizia ci sono i frutti degli sveltimenti propiziati dai provvedimenti Cartabia (governo Draghi), ma si tratta pur sempre di un dimagrimento per un paio di chili in un corpo di 120. Bene le riforme predisposte da Nordio, ma restano disegni di legge in Parlamento. Sul fronte concorrenza nisba (siamo ancora alla guerra di trincea sui balneari e agli ostacoli messi agli Ncc). Scuola, sanità… vabbè, insomma: poco o niente di che.

Sul fronte investimenti – ovvero soldi spesi – sono aumentate di 200 chilometri le piste ciclabili e di 231 le reti di trasporto pubblico. Bene, ma non proprio una rivoluzione produttiva. Pare ci siano dei miglioramenti nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione, ma per rinnovare il passaporto ho preso un appuntamento online e mi hanno spedito fisicamente all’ufficio postale, per compitare e pagare un bollettino; per la marca da bollo (visto che lì non la vendono) vai a piedi da un tabaccaio che ce l’abbia, quindi ti rechi in Questura. Spid e Cie per prendere l’appuntamento, il resto calamaio e scarpe.

Ma la lamentazione non serve a niente. La questione sono i controlli, gli obiettivi sempre raggiunti (da ultimo altri 53) senza che se ne approfondisca la natura. Colpa anche dell’informazione. Ma è il meccanismo che andrebbe ribaltato.

I fondi sono raccolti a livello europeo, anche accendendo debito comune. Benissimo. Va talmente bene che gli antieuropeisti di ieri sono felici di far sapere che siamo quelli che di quei soldi ne hanno presi di più. Va talmente bene che si spera di far nascere altri fondi in quel modo finanziati. Ma andrebbe modificato il passo successivo: anziché negoziare gli impieghi con ogni singolo Stato e poi controllare la spesa effettiva, sarebbe saggio negoziare gli obiettivi, tenere la spesa a livello europeo e spostare il controllo a livello nazionale. Sono io che devo avere l’alta velocità ferroviaria che controllo il sistema che deve realizzarla e protesto se rallenta, mentre se si fa il contrario – ovvero controlla chi finanzia, ma non realizza e non utilizza – va a finire che si useranno altri criteri.

Per esempio: in questo momento il governo italiano ha scelto un approccio polemico sui futuri vertici della Commissione europea (che poi sono i vecchi, con cui si fece pappa e ciccia), il negoziato è ancora in corso e tutti sanno che non solo l’Italia avrà un commissario di peso (come sempre), ma è ben probabile che si decida di appoggiare il presidente della Commissione. Bene, vi pare che in un passaggio come questo ci si mette a far questioni sul fatto che i soldi stanziati non sono stati ancora spesi? Fossero spariti, certo, ma sono in cassa.

Vero è che si è provato a rendere quanto più oggettivi possibile i controlli, ma c’è sempre una ricaduta politica. Quindi meglio che a sindacare sia chi deve utilizzare il frutto degli investimenti, più portato alla concretezza e alla severità.

Davide Giacalone, La Ragione 4 luglio 2024

Condividi questo articolo