Lo sciopero nel settore della produzione automobilistica, indetto per il 18 ottobre a Roma, sarà condiviso angelicamente da Stellantis. Ecco perché
Sarà celebrato il rito dello sciopero nel settore della produzione automobilistica. Rasserena sapere che sarà unitario, nella concordia sindacale. Tranquillizzano le affermazioni del datore di lavoro, Stellantis, che punta a soluzioni condivise. Confortano le parole della presidente del Consiglio, secondo cui saranno difesi i lavoratori e i siti produttivi. Rimangono due dubbi: difesi da chi o da che? E lo sciopero contro chi è? Sul fatto che sia un rito si può convenire, il dubbio è che sia anche inutile.
Lo sciopero è un diritto, ma oltre a essere tale è anche un’arma efficace se il datore di lavoro sta vendendo bene quel che produce la sua azienda e cui si applicano i lavoratori, talché il loro incrociare le braccia produce un serio danno economico, al punto da indurlo a più miti consigli circa le richieste delle maestranze. Ma se il datore non vende quel che produce, poco gliene cale se apprende che la produzione subirà un blocco. Se una produzione o una sede produttiva non hanno più mercato, non servono a far quattrini: chiudono. O, quanto meno, si riduce tutto. A meno che qualcuno non ci metta i soldi necessari a colmare la differenza fra il basso valore di mercato e l’alto costo di produzione. Ecco perché Stellantis è angelicamente per le soluzioni condivise: voi scioperate, il mondo politico vi appoggia e noi chiediamo quattrini.
Al rito potrebbe partecipare anche l’amministratore delegato Carlos Tavares, tanto più che è a serio rischio di licenziamento. Casualmente questa vicenda s’incrocia con una lite familiare in capo ai proprietari della vecchia azienda (quando si chiamava Fiat), i cui dissapori derivano dalla divisione dell’eredità, sempre ammesso che se ne ritrovino tutte le componenti, disperse come sono all’estero. Speriamo torni la pace familiare e trionfi la regolarità fiscale. Ma c’è più di un elemento che suggerisce di rendere operoso l’appuntamento con il rito scioperante. Sussidiare le produzioni con denari pubblici non le rende più prosperose ma artificialmente protette, tendenti allo scadente e generatrici di profitti innaturali, propensi all’espatrio per trovare più utili impieghi. Si obietta che i cinesi stanno sussidiando la loro produzione di vetture elettriche, ma che ci si voglia ispirare alla Cina già la dice lunga.
I cinesi vanno pure male, sono cresciuti enormemente (anche con nostro vantaggio) lavorando in sinergia con l’Occidente, hanno un’economia che rallenta, masse di persone ancora a livello di sussistenza, troppi anziani e pochi giovani, gran parte dei quali disoccupati. Non è saggio imitarli, semmai sfidarli. Il crollo della produzione automobilistica italiana (e tedesca, quindi europea) nasce e si sviluppa dentro la tecnologia presente. L’elettrico, per capirsi, non c’entra nulla, se non perché è il settore in cui si prendono più botte, visto che altri sono più avanti. Scioperare contro la realtà ha lo stesso valore di fare un bel corteo verso un santuario, semmai occorre chiedersi dove si recupera. L’elettrico non è una fissazione a cappero, ma un pezzo del più vasto mercato delle batterie. Quelle saranno comunque una componente fondamentale del mercato energetico futuro. Il problema non è comprare una macchina elettrica cinese (grazie per lo sconto a carico del vostro contribuente), ma di avere batterie migliori. Il che non si ottiene accendendo lumini al diesel, ma finanziando la ricerca e favorendo l’innovazione industriale. Pensare di salvarsi conservando il passato è come cercare di evitare di annegare aggrappandosi alle onde.
Le vetture sono sempre più digitalizzate e connesse, al punto da potere essere un pericolo (questo sì cinese, ma non solo). La guida automatica è già una realtà, ma richiede infrastrutture, come la rete per le ricariche elettriche. E se vuoi avere voce in capitolo devi avere più ricerca e istruzione eccellente. Altrimenti puoi fare il parcheggiatore delle auto prodotte da altri e, nei momenti di tempo libero dal produrre, scioperare.
Davide Giacalone, La Ragione 26 settembre 2024