Il commento di oggi

Stagnare

Stagnare

L’inconcludenza è una brutta cosa ed è la ragione per cui si parla sempre delle stesse cose, senza cambiare nulla. Ora furoreggia il dibattito sulla cittadinanza, ma quel modo di non procedere riguarda il debito pubblico come la scuola, l’energia come la semplificazione burocratica. Frammischiando superficialità e faziosità.

I bambini che vanno a scuola in Italia sono italiani, ovunque siano nati e di chiunque siano figli. Giusto: ma se sei minorenne, hai fatto le elementari, sei concittadino italiano ma i tuoi genitori no, possiamo buttarli fuori perché irregolari? Ieri abbiamo segnalato alcuni aspetti senza affrontare i quali si sta parlando del nulla. Nello stesso giorno si sono scucuzzati, nella maggioranza, senza neanche sfiorarli da lontano. Non si può ridurre sempre tutto al posizionamento politico e alle sue conseguenze. C’è anche il merito delle questioni, che richiede ponderazione e senso di responsabilità.

Le scuole riaprono ogni anno con lo stesso e accresciuto problema dei docenti che mancano e dei supplenti che transitano. Gran dibattito, poi la scuola parte, il problema resta lì dov’è e l’anno appresso si rifà la stessa discussione. Ciascuno avendo vocazione a far l’opposizione: chi al governo in carica e chi, essendo in carica, a chi era in carica prima.

Intanto siamo in fondo alla classifica europea circa i laureati che, fra i 20 e i 34 anni, sono al lavoro a tre anni dalla laurea: da noi – staccati anche dalla Grecia e dalla Romania – il 67,5%; la media Ue all’83,5%; la Germania al 91,5% (la prima potenza industriale e noi saremmo la seconda). Un dato che ha a che vedere con la tipologia delle lauree, quindi con l’orientamento formativo, come anche con la fluidità del mercato del lavoro: se ti laurei in quel che non serve poi è conseguenziale che te l’attacchi al muro; se non si premia chi è capace è normale che quello se ne vada. Due temi che conosciamo benissimo, ma che dibattiamo senza mai approdare a nulla che non siano epocali riforme che lasciano immutate le cose reali.

In Cina costruiranno 11 nuove centrali nucleari entro il 2029, in cinque anni. La potenza produttiva più inquinante punta alle tecnologie ecocompatibili e, già che ci si trova, all’autosufficienza energetica. Noi ripetiamo all’infinito il dibattito sul ritorno al nucleare, non impedito da alcun esito referendario, ma le sole cose che si è capaci di dire fanno riferimento a tecnologie e impegni imprescindibili. Nessuno che abbia voglia di cominciare dal passo più ovvio e comunque necessario: dove le mettiamo, scorie comprese? Figurarsi, diventa un fuggi fuggi per timore di radiazioni elettorali. Mentre rinviando, impoverendo e stagnando i voti fioccano.

Il governatore della Banca d’Italia ripete quel che è stato detto migliaia di volte: spendiamo più in interessi sul debito che nell’istruzione e poco meno di quello che spendiamo in sanità. E fa bene. Per uscirne servono meno spesa corrente improduttiva, più incentivi a lavorare piuttosto che a smettere di farlo, più qualificazione del personale, più immigrati regolari e qualificati, più innovazione produttiva. Sappiamo cosa si deve fare per ciascuna di queste cose, ma la politica conosce solo l’arte del dibattito. Poi si passa ad altro, in un ozioso gioco a infilar paletti e issare bandierine.

Conoscete un solo politico che sia contro la semplificazione burocratica? Poi si fa la legge per semplificare e il professor Cassese c’informa che la sua applicazione è una bufala. Il fatto è che la semplificazione è complessa e si deve saperla fare. Il che ci porta al punto: la colpa è nostra, perché finché si premieranno i politici della sparata e della contrapposizione si perderà tempo e ci si impoverirà. Basta guardare dal lato balneari per capire che il tempo della crescita si rimanda sempre, a favore del lungo tempo dell’inutile permanenza.

Non si dica che la soluzione sta nel riscrivere la Costituzione, perché la debolezza costituzionale è di una politica che ha divorziato dalla competenza.

Davide Giacalone, La Ragione 23 agosto 2024

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