Il commento di oggi

Steccato

editoriale giacalone 16 febbraio

Putin gioca allo squilibrio, creando un mondo peggiore e pericoloso ma nel quale si possa ridare corpo all’incubo imperiale zarista, oramai abbandonato al museo il suo travestimento sovietico. Si chiude la stagione apertasi con la riunificazione europea – possibile con il crollo dell’Urss – e si torna alle regole della mutua distruzione. Questo è lo steccato che l’Unione europea deve saltare, questo il vero terreno su cui si misura e modella il futuro. Altro che le solite menate sui ‘burocrati di Bruxelles’. Sono le scelte che si fanno oggi a stabilire se sia bene avere anche i militari a Bruxelles o ritrovarsi con quelli russi ai e dentro i confini europei.

Anche la sola ipotesi di portare in orbita armi nucleari disegna non tanto una nuova guerra, quanto un nuovo equilibrio di non belligeranza. E lo disegna a favore dell’imperialismo putiniano. Ciò innesca il sensato ragionamento sull’europeizzazione dell’arma nucleare francese, richiedendo però un grado di integrazione assai più alto. L’equilibrio fu definito “del terrore”, basato sulla consapevolezza che ciascuno dei due blocchi avrebbe potuto distruggere l’altro, il che sarebbe accaduto anche nel caso uno dei due avesse anticipato il primo colpo. Quando gli Usa (amministrazione Reagan) vararono lo “scudo spaziale”, ovvero la capacità di bloccare un attacco, i sovietici gridarono alla compromissione dell’equilibrio: era sì un’arma difensiva, ma se efficace avrebbe cancellato il presupposto dell’equilibrio.

Come andarono le cose si sa: la grande economia sovietica e il paradiso dei diritti si rivelarono per quel che erano e venne giù tutto. Già la sola idea di nuclearizzare lo spazio è da catalogarsi fra le scelte aggressive. Compiuta da una potenza nucleare che ha in corso un’aggressione, è il segno che entriamo in un’era diversa.

Nelle scorse ore il segretario generale della Nato ha sentito il bisogno di rispondere, sebbene non ufficialmente, all’uscita guascona di Trump: già ora 18 dei 31 Paesi Nato spendono per la difesa il o più del 2% del loro Prodotto interno lordo e anche gli altri (fra i quali noi) che restano sotto hanno fatto crescere una spesa che crescerà ancora. Quel 2% non è un vincolo ma una raccomandazione, un impegno preso nel 2014. Ma serve a niente rispondere a Trump e serve a niente ricordare l’impegno, perché è tutta roba di un passato divenuto remoto. Da ora spenderemo tutti considerevolmente di più e non si ragiona di avere più coordinamento militare convenzionale ma maggiore integrazione nucleare. Un altro mondo.

E in questo che già esiste e già colpisce (dall’Ucraina al Mar Rosso e a Israele), in questo in cui l’arma nucleare finisce nelle mani di Stati canaglia come la Corea del Nord e l’Iran, il nostro problema non è affatto spendere di più, ma farlo bene e in modo efficace. Perché non ne dipende soltanto una generica sicurezza, ne dipendono soldi e benessere. Oltre a due dettagli: sovranità e libertà. Ed è questo il punto: o sono europee oppure non sono, o sono comuni oppure non esistono. Il che innesca un ulteriore problema politico, relativo ai rapporti interni alla Nato. Tema che si preferisce non affrontare ma che esiste: la preponderanza statunitense ne ha accresciuto non solo il peso militare ma anche politico (ed economico). Un riequilibrio europeo non sarebbe soltanto militare e questo non è indolore (oltre tutto andando in direzione opposta a interessi e rozze istintualità che Trump dice di rappresentare).

Certo che si può discutere di immigrazione e di come regolarla in sede europea, come anche di agricoltura e di come far finta di credere che quelli dei trattori avessero una qualche accettabile ragione. Per carità, sono la politica e la ricerca di voti tipiche delle democrazie. Ma lo steccato da saltare non è da quelle parti, dove il tempo non ha cambiato niente. Lo steccato è oggi sul campo della difesa e delle scelte politiche e industriali che questa comporta. Non parlarne non aiuta a far crescere la consapevolezza della sua decisiva importanza.

Davide Giacalone, La Ragione 16 febbraio 2024

www.laragione.eu

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