Politica

17 marzo

Sarebbe grave, e sarebbe triste, se esaurissimo il ricordo dei 150 anni d’Unità d’Italia in una stucchevole discussione sulle feste. Fra le altre cose, vedo che chi riteneva un giorno di vacanza incompatibile con la necessità di lavorare di più trova ora motivo di gioia nel sopraggiungere di un’ulteriore ricorrenza, da utilizzare come occasione di riposo. Anche sul calendario, la coerenza lascia a desiderare.

Il nostro Risorgimento non ha mai goduto i favori delle storiografie dominanti. S’è preferita la via dell’agiografia, poi affiancata da quella della denigrazione, alla ricerca e alla riflessione sulle vicende che ci hanno portato, in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, ad essere uno Stato unitario. Il prossimo 17 marzo sarebbe potuta essere l’occasione per una svolta, per l’avvio di un nuovo costume, per un momento di serenità e collettiva condivisione. Temo vada persa. I valori dell’Italia unita, quelli della nostra comunità nazionale, ci avvicinano tutti. Dobbiamo avere la forza e l’onestà di dirlo. Di festeggiarlo.

Il fatto è che le ricorrenze hanno un senso se ricorrono. Ciò vale dal punto di vista del ricordo e dell’identità nazionale, come anche da quello degli affari e del turismo. Sarebbe bene, allora, che questa ricorrenza entri nel nostro costume e nella nostra memoria. Impegnandoci, ogni anno, a farne lo spazio per rammentare quel che ci unisce.

Altre date punteggiano la nostra storia e la nostra memoria, ciascuna importante, ciascuna fondativa del nostro presente. Il 25 aprile ricordiamo la Liberazione, la fine della seconda guerra mondiale e dell’occupazione nazista, conquistata grazie al sacrificio delle truppe alleate e di quegli italiani che seppero opporsi alla dittatura. Ciò non toglie che il 25 aprile fu l’esito di una guerra civile, che si protrasse anche oltre quella data. Il 2 giugno è la data di nascita della Repubblica, nella quale ci onoriamo di vivere. Ma anche il referendum istituzionale ricorda un momento in cui il Paese si divise. Queste due date hanno un grande valore, che nessuno può discutere, ma sono anche due ricordi di aspri conflitti. Va dato atto alle forze politiche che animarono l’Italia del secondo dopoguerra di essere state capaci di trarre il meglio, da quelle premesse, restituendoci un’Italia più solida, più ricca e più sicura.

Certo, anche l’Unità d’Italia fu il frutto di guerre, a loro volta riflesso di più ampi conflitti europei e della pervicacia con cui molti s’opponevano a seppellire il passato. Il 17 marzo, del resto, è una data “monarchica”, laddove l’Unità fu frutto anche dell’impegno repubblicano. Ma l’Italia esiste da prima dell’Unità, l’italianità precede la proclamazione dello Stato unitario, e noi dobbiamo tradurre questo ricordo in un annuale impegno a onorare quel che ci rende forti, quel che ci aggrega, quel che ci fa sentire tutti italiani, quali che siano le idee politiche di ciascuno.

Ci si potrebbe dare appuntamento tutti, forze politiche e sociali, istituzioni e cittadini. Il luogo sia ove riposano le spoglie di un giovane genovese, Goffredo Mameli, ove persero la vita tanti giovani cui dobbiamo moltissimo: al Gianicolo, da dove un manipolo di eroi difese la Repubblica Romana. Già, perché quella radice repubblicana precede l’Unità.

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