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SpiaNati

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L’afrore che promana dai dossieraggi è quello del sovrapporsi di miserie umane e brama di soldi e nomine. Questi nati spia vanno spianati dalla vita pubblica.

Non si deve cadere nella tentazione di dare una spiegazione pur non avendo abbastanza elementi, ma neanche si può credere che abbiano un senso le cose così come vengono raccontate. L’afrore che promana dai dossieraggi è quello del sovrapporsi di miserie umane e brama di soldi e nomine. Ma se la faccenda racconta di banche dati che sono dei colabrodo, il modo in cui è emersa trasmette la sensazione che sia in corso uno scontro fra diverse anime investigative e diverse famiglie di spioni. La miserabilità della prima cosa non toglie nulla alla gravità della seconda e al fatto che questi nati spia vadano spianati dalla vita pubblica.

Si dovrebbe credere che a Milano vi fosse un ufficio di super spioni, super poliziotti, super esperti indagatori, con super attrezzatura tecnologica, che sono così super incapaci da esibirsi sotto le telecamere che li stanno spiando e così pirla da parlare al telefono come se non avessero mai sentito parlare d’intercettazioni. Può essere che sia tutta una scena da incantatori di dementi, riccastri che temono di avere le corna e sono sicuri di non essere manco capaci di accorgersene da soli, ma può anche darsi che quelli dell’ufficio spiavano gli altri ma non avrebbero mai supposto d’essere spiati. Cosa li rendeva così sicuri? Forse l’essere colleghi o il non avere colto il nocciolo: taluni colleghi si apprestavano a seppellirli.

Se un bancario di provincia entra ed esce dai dati di tutti i clienti – dopo che ci hanno fatto firmare una montagna di moduli stampati in corpo 8 e relativi alla privacy – senza che nessuno se ne accorga subito, la responsabilità è della banca. Ma se dalla Direzione investigativa antimafia chi è autorizzato agli accessi alle banche dati fa scorribande nei fatti altrui senza ragioni d’ufficio e usando l’ufficio e l’accesso per gli affari propri, se la banca dati giudiziaria viene sventrata centinaia di migliaia di volte alla ricerca di argomenti per sputtanare altri, il tutto a cura di chi avrebbe diritto all’accesso o accede da porte in cui non si vede un corteo di elefanti che entra in sala, la responsabilità di chi è? Dei rispettivi vertici. I quali o sono dei totali incapaci – nel qual caso ne risponde chi li nominò – oppure è escluso che non sapessero niente, visto che un magistrato della Corte d’appello milanese, alle prese con un problema del figlio, chiama gli spioni che arrotondano lo stipendio statale e ne chiede i servigi. Se lo sa lei, che è stata anche capo di gabinetto del sindaco Raggi, lo sanno in tantissimi. Quindi è escluso che non lo sappia chi dirige i servizi. O che possa dirigerli.

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, agì correttamente: ebbe sentore di un dossieraggio e sporse denuncia. Parrebbe che a Palazzo Chigi non ne fossero entusiasti e si produssero in dichiarazioni di fiducia nei confronti dei nostri apparati d’informazione, al punto da indurre il ministro a gettare un po’ d’acqua sul fuoco. Ora, da quel Palazzo, si parla di minaccia alle istituzioni e di trame. Di cosa si sono accorti? Varrebbe la pena chiedere a Crosetto cosa gli diede la sicurezza che non si trattasse di una robetta.

Il livello non era eccelso, se il tenore dei dossieraggi era quello delle mutande, dei soldi da fregarsi in famiglia e delle conoscenze necessarie per indurre gli amici a essere più amici e i nemici a fare amicizia, per poi ottenere qualche fetta di potere pubblico. Ma con troppa generosità questa robaccia è approdata sui giornali, somigliando alla premessa prima del rigonfiamento dello scandalo e poi del suo declassamento, fino alla morte per asfissia nel prossimo decennio giudiziario. Perché delle due l’una: se quello è il livello e dal governo si parla di trame è segno che la trama del tessuto politico è logora in partenza, ma se la denuncia ha un senso allora quel che è uscito è il niente condito con scenari assurdi. Sarebbe anche interessante sapere se per trovare un’opposizione che non sappia solo dichiararsi parte lesa si debba commissionare un apposito dossier.

Davide Giacalone, La Ragione 29 ottobre 2024

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